Restituire il potere al cliente: la responsabilità dell'astrologo nei consulti

RESPONSABILITA' E POTERE
di Gaia Rosini
Relazione presentata al XII Covengno di Astrologia Umanisticia e Psicologia di Eridano School: 
Transiti e progressioni, il timer della vita
 Montecatini Val di Cecina, 9/11 ottobre 2020


Ogni anno, quando mi accingo a scrivere l’oroscopo annuale entro in crisi, perché mentre cerco di tradurre in parole gli indizi che trovo sparsi nel cielo, allo stesso tempo desidero porre estrema attenzione a non cadere nell’errore di trasmettere informazioni che possano essere lette come previsioni o che possano (e sicuramente lo faranno) condizionare chi legge. Se c’è una cosa che ho imparato nel corso degli anni è che, soprattutto nei momenti difficili, siamo tutti (o quasi) condizionabili, a prescindere da età, sesso, istruzione e capacità di discernimento, perché il dolore ci spezza e ci rende facilmente esposti alle manipolazioni.

Negli ultimi anni sento di aver individuato una precisa vocazione, quella di cercare di aiutare le persone ad essere libere e a riscoprire il proprio potere personale così da non essere più condizionati e condizionabili. Avendo scelto l’astrologia come strumento di interazione con il mondo, naturalmente mi imbatto ogni giorno nella predisposizione umana a delegare fuori di sé e il potere e la responsabilità. Questo rende difficile il lavoro di astrologa, e ancor più quello di counselor, ma al tempo stesso, io credo, lo rende assolutamente necessario.

Personalmente non credo che l’astrologia possa davvero prevedere il futuro. Non più del buonsenso almeno, perché in effetti esistono cose facilmente prevedibili: se ad es. taglio una carota con un coltello molto affilato e nel frattempo guardo la televisione, ci sono buone probabilità che io possa tagliarmi un dito. Eppure non è certo. Per cui, se intendiamo l’astrologia come uno strumento di lettura della realtà (certamente molto più sofisticato di altri) allora si può ipotizzare di utilizzarlo anche in senso “previsionale”.

Metto previsionale tra virgolette non solo perché essendo l’astrologia un linguaggio simbolico non potremo mai essere certi di come il simbolo si manifesterà (ossia sotto quali sembianze ne faremo esperienza) ma anche e soprattutto perché il passo successivo da comprendere è che l’essenza di qualunque avvenimento ‘pre-visto’ cambierà radicalmente in base al significato che sapremo attribuirgli.

Diciamoci la verità, chiunque chieda che gli si legga il futuro in sintesi vuole sapere se lo aspettano cose belle o cose brutte. Di questo si tratta, di poco altro. Ora il punto è: come facciamo a sapere se un evento sarà bello o brutto se non sappiamo a cosa condurrà? Proviamo a figurarci gli eventi come porte d’accesso: un avvenimento conduce a un altro che conduce a un altro e così via … (mio marito mi tradisce e grazie a questo trovo un uomo che amo di più; mi offrono un lavoro con uno stipendio molto più alto ma quel lavoro rovina il mio matrimonio, etc etc).

Non possiamo sapere se un evento avrà conseguenze benefiche o nefaste tanto quanto non ci è dato sapere se un ingresso angusto dia accesso a un appartamento sontuoso o, viceversa, un atrio lussuoso introduca a una dimora in rovina; almeno, non fino a quando non oltrepassiamo la soglia. Inoltre, come se non bastasse, va considerato che per quanto vi sia un immaginario collettivo piuttosto preciso di cosa sia positivo o negativo in senso assoluto, in verità non esiste un evento che abbia esclusivamente connotazioni buone o cattive. Credo che tutti abbiamo esperienza di come si possa reagire allo stesso evento in maniera diametralmente opposta a seconda delle persone o dei momenti della vita. Ho visto individui devastati da un lutto e altri rinati.

Nel caso di due mie clienti, entrambe reduci dal lutto di un genitore amato, una è stata travolta dal dolore, l’altra ha trasformato la perdita in un’occasione di rinascita. Al contrario della prima, la seconda ha reagito in maniera del tutto inaspettata riappropriandosi della sua esistenza grazie alla scelta di separarsi dal marito e di iniziare una nuova vita con una forza e una determinazione che non sapeva di avere (e che quasi certamente non avrebbe immaginato qualora fosse stata messa di fronte a una previsione che annunciava un evento di tale portata). Perciò, ammesso che si possa prevedere un evento, la domanda è: è opportuno svelarlo non conoscendo la portata che quel fatto avrà sulla vita del consultante e sapendo che il rischio che corriamo è che rimanga schiacciato dal peso che tale rivelazione può avere?

Il punto importante a mio avviso, è capire – al di là dell’avvenimento che noi come astrologi, o più generalmente come attenti osservatori, possiamo arrivare a ipotizzare – che è il senso e il significato che quell’avvenimento avrà (Giove per intenderci) che ci interessa, e quello di certo l’astrologia non può dircelo, essendo una scelta squisitamente personale risultante dal nostro grado di evoluzione.

La questione dei transiti ha dunque due grandi incognite: la prima risiede proprio nell’ordine ‘dell’anticipare i fatti’, mentre la seconda riguarda le conseguenze che ‘quei fatti’ potranno generare, determinando quindi il valore che potremo attribuirgli al di là dell’evento in sé.

Occupiamoci della prima questione: i fatti. Premesso che l’astrologia lavora sul piano simbolico, come facciamo ad essere certi che un transito di plutone si manifesterà con un lutto vero e proprio piuttosto che con una sensazione di lutto interno non riscontrabile in alcun avvenimento fisico? Thorwarld Dethlefsen ci ricorda che “l’astrologia è, e resta, la dottrina dei princìpi primi, non delle stelle.” I pianeti sono un piano utilizzabile ma sostituibile, dice Dethlefsen, e anche se è possibile mettere tutto in correlazione ciò non significa affatto dimostrare certi effetti causali.

Citando da Il Destino come scelta: “L’astrologia si occupa di princìpi primi archetipici, che sul piano delle idee rappresentano gli elementi primi di cui è composta la realtà in tutte le sue manifestazioni. Questi principi primi, originari, attraversano verticalmente tutti i piani delle forme di manifestazione. Sorgono come catene analogiche, in cui singoli membri appartengono a piani diversi, ma rappresentano tutti un principio comune. Con l’aiuto dell’analogia è possibile trasferire su ogni altro piano l’osservazione di un qualunque piano. Il piano di riferimento dell’astrologia è il cielo.” L’astrologia è dunque uno strumento di misurazione della realtà che, con notevole precisione, mostra qualcosa senza produrlo; come il termometro – spiega Dethlefsen – che misura la temperatura senza produrla (questo apre un’altra annosa questione riguardante l’astrologia: ossia la convinzione che le stelle determinino o, come dicono alcuni, inclinino il nostro destino).

Il simbolo astrologico è quindi un’analogia che può essere trasferita, e può manifestarsi su un numero imprecisato di piani diversi. Come facciamo dunque a sapere con precisione su quale piano si manifesterà? Prendiamo un transito di Saturno: sappiamo che Saturno richiede una forma di ‘ritiro dal mondo’; tra le tante cose ad esso associate, sappiamo che attiene all’isolamento e al silenzio. Saturno è struttura ma anche impedimento e ostacolo. È il contrario di Giove per intenderci, pertanto è chiaro che se ci ostiniamo a volerci ‘espandere’ durante un transito di Saturno, incontreremo probabilmente numerosi impedimenti (ma è anche vero che se invece ci accordiamo all’energia che Saturno rappresenta ne trarremo grandi benefici).

Ammesso dunque che si possa ragionevolmente parlare di possibili impedimenti od ostacoli, difficile è stabilire su che piano tali ostacoli si materializzeranno. Ma a questo punto voglio fare una deviazione e aggiungere una riflessione (che anticipa il secondo punto): chi dice che quell’ostacolo sia necessariamente negativo? Supponiamo che io abbia un transito di Saturno su Marte, magari in quadratura; diciamo pure che il transito coinvolga la sesta casa. Posso ipotizzare che se chiedo qualcosa a lavoro incontrerò delle resistenze e un buon astrologo potrebbe suggerirmi di attendere a fare domanda per quel trasferimento a cui aspiro da tempo, perché con molta probabilità non lo otterrei (ho Saturno contro, direbbe Ozpetek! Anzi no, quadrato, che è peggio!). Ammesso che l’ipotesi dell’astrologo sia esatta, ecco la mia domanda: è possibile che l’ostacolo cui vado incontro possa aiutarmi a forgiare, rafforzare, disciplinare la mia azione, volontà e determinazione nel raggiungere i miei obiettivi, e che risulti necessario affinché io impari a direzionare una certa energia marziana anche attraverso la frustrazione di un rifiuto? Possiamo valutare che io, battendo in ritirata di fronte alla probabilità di un rifiuto mi privi anche della possibilità che quell’esperienza, per quanto frustrante, mi consegnerebbe? Un esempio potrebbe essere che quel rifiuto rappresenti l’occasione di lottare con una tenacia a me inconsueta (tanto desidero quel trasferimento) piuttosto che sentirmi sconfitta di fronte agli eventi. Oppure, possiamo immaginare che quel rifiuto si tramuti nella cosa migliore che poteva capitarmi, in quanto goccia che fa traboccare un vaso già colmo di ingiustizie e mancati riconoscimenti, e che vincerà la mia resistenza ad abbandonare un posto di lavoro in cui non mi sentivo né valorizzata né gratificata.

Ma torniamo alle previsioni: l’astrologia è straordinariamente precisa nel dare indizi, ma solo a posteriori. Quando rileggiamo i transiti, a cose avvenute, è stupefacente quanta corrispondenza troviamo nel movimento dei pianeti. Il problema, io credo, si verifica nella traduzione anticipata che facciamo degli indizi, perché siamo portati a leggerli sul piano che più ci è familiare o che più ci conviene e così ci inganniamo.

La nostra immaginazione non è in grado di prevedere le infinite variabili con le quali quel transito può manifestarsi e, proprio come con i 5 sensi, siamo sicuri di aver percepito qualcosa e non ci accorgiamo di quanto abbiamo filtrato. La vista può essere un buon esempio: è uno strumento perfetto (se non si è miopi, naturalmente) ed è in grado di registrare nel dettaglio tutto ciò che vede, il problema è che noi tendiamo a interpretare ciò che vediamo, con quella che viene definita attenzione selettiva, ed ecco che la vista diventa un senso inaffidabile. Siamo sicuri di aver visto una certa cosa e poi scopriamo che non è così. Per non parlare dell’udito! Sentiamo solo quello che vogliamo sentire, a volte stravolgendo radicalmente il senso di quello che è stato detto. E perché, allora, non dovremmo rischiare di stravolgere anche il senso di quello che ci dicono i pianeti?

La traduzione di un simbolo astrologico ha così tante sfumature che è difficile non cadere nell’errore. Di nuovo, è chiaro che vi sono cose relativamente facili da prevedere: se hai la macchina coi freni rotti e le ruote lisce e decidi di metterti in viaggio di notte, durante una tempesta, non ci vuole la Sibilla Cumana per dirti che non è una buona idea; è chiaro che le probabilità di finire fuori strada aumentano esponenzialmente e tuttavia non è detto, magari va tutto liscio.

Ecco che si apre, allora, la seconda questione, relativa al valore intrinseco ai fatti (ammettendo la possibilità di poterli anticipare).

Ipotizziamo che io preveda, non perché sono astrologa ma perché sono assennata, che se esci con questo tempo e hai la macchina scassata, rischi un incidente; e mettiamo anche che effettivamente, la previsione si avveri. Bene.

Ora se io, leggendo i transiti di un cliente, facessi una previsione di questo genere, ciò che otterrei è di causargli una grande preoccupazione, più probabilmente angoscia. Nel migliore dei casi questa persona rinuncerebbe (responsabilmente, direbbero in molti) a mettersi in viaggio. E molti, a questo punto, potrebbero dire che ho fatto un buon utilizzo dell’astrologia.

Ma io non sono d’accordo.

Decidere di considerare la decisione di non partire come buona e quella di partire come cattiva, presuppone che noi si sappia, anticipatamente, che il previsto incidente sia per certo una cosa negativa. Un incidente è, ovviamente, una cosa negativa, diranno molti. In verità non lo sappiamo.

Citiamo un esempio di Igor Sibaldi e supponiamo che voi sappiate (sempre grazie alla magia della previsione) che in seguito all’incidente arriverà un’ambulanza sulla quale incontrerete la vostra futura moglie o marito. A quel punto che fareste? Accettereste l’incidente o rinuncereste all’opportunità di incontrare l’anima gemella? E diciamo che scegliate la prima ipotesi e a quel punto, facendo una bella sinastria, io vi predico che con quella persona sarete molto felici, perché è perfetta per voi, fino a quando però non vi tradirà. A quel punto, cosa scegliereste? Forse rinuncereste ai pochi anni di felicità (conquistati per altro con un brutto incidente) e ve ne stareste a casa al calduccio. Ma diciamo anche che io preveda che, prima di separarvi, avrete un figlio che amerete moltissimo e via dicendo. È chiaro che potremmo proseguire all’infinito con gli esempi, ma il punto è che, a seconda della prospettiva, il fatto iniziale, ossia l’incidente, assume una sfumatura diversa diventando, di volta in volta, qualcosa da evitare o cui andare incontro a seconda delle conseguenze.

Tale concetto lo spiega, molto meglio di me, una famosa storiella cinese:

Ad un contadino era fuggito via il cavallo. "Che sfortuna!", dissero i suoi amici.
"Può darsi", rispose l'uomo.
Qualche giorno dopo il cavallo ritornò insieme ad un altro cavallo ancora più bello e robusto. "Che fortuna!", esclamarono gli amici.
"Può darsi", replicò il contadino.
Il giorno dopo, suo figlio cercando di cavalcare il cavallo selvatico cadde e si ruppe una gamba. "Che disgrazia!", commentarono gli amici.
"Può darsi", rispose il contadino.
Una settimana più tardi, tutti i giovani maschi del paese, tranne il figlio con la gamba rotta, furono mandati a combattere in una guerra sanguinosa. "Come tutto si è volto al meglio", dissero meravigliati gli amici.
"Può darsi", disse il contadino.

Alla luce di questo condensato di saggezza, ammesso che gli eventi si possano davvero prevedere, la questione impossibile da prevedere è se siano un bene o un male. Intendiamoci, non sto dicendo di fare scelte azzardate e l’esempio dell’incidente è un po’ estremo, ma evidenzia il fatto che la maggior parte di noi presume di sapere cosa è meglio e cosa non lo è, in base a parametri arbitrari che non tengono conto del modo in cui la vita si manifesta ossia del tutto imprevedibilmente. Quello che voglio sottolineare è che al di là di ogni ragionevole previsione o interpretazione dei fatti, la realtà è che nessuno sa per certo in anticipo cosa sia meglio, poiché è impossibile sapere dove, ciò che sta accadendo, lo condurrà.

Ciò significa dunque che siamo impotenti e privi della possibilità di fare qualunque scelta? Certo che no. Significa piuttosto che la vera, e quanto mai preziosa, opportunità che l’astrologia ci offre è quella di capire e non di presagire. Di capire cosa? Di capire che possiamo fare scelte solo in base alle informazioni che abbiamo nel presente (senza ostinarci a voler manipolare il futuro) e che le uniche scelte valide sono quelle che, tenendo conto dei fatti, siano fondamentalmente in linea con noi stessi in un gioco di equilibri tra i bisogni (e i desideri) interni e le circostanze che ci si presentano (su cui non sempre abbiamo potere).

La nostra più grande risorsa è la capacità di interagire con le circostanze traendo il meglio da ognuna di esse, intendendo con meglio, non la mera gratificazione (che è, in linea di massima, ciò che ci aspettiamo dalla previsione, in opposizione a ciò che etichettiamo come ‘male’, perché non comporta una gratificazione immediata) ma un’esperienza che si trasformi in un bagaglio di conoscenza atto a renderci sempre più consapevoli, strutturati e capaci di interagire con gli eventi senza subirli e dunque senza temerli.

A questo punto, se mi chiedessero cosa voglio procurare a chi si rivolge a me per una lettura dei transiti risponderei consapevolezza e responsabilità. Io credo che il fine di una lettura astrologica debba essere quello di restituire il potere nelle mani del consultante, facendogli capire che, quali che siano le circostanze, è l’interazione con esse a generare il nostro destino, perché è vero che molti accadimenti sono al di là del nostro volere, ma è altrettanto vero che, come noi siamo in grado di reagire e decidiamo poi di agire, è di nostra esclusiva competenza, ed è proprio come reagiamo e agiamo a fare la differenza.

Restituire il potere significa però, restituire la responsabilità e, nella mia esperienza, ho visto che sono rare le persone disposte ad assumersi tali responsabilità. Ho dedicato quest’anno allo studio dei tarocchi, o meglio del Tarot, e naturalmente, per fare pratica, mi offro per letture gratuite un po’ a chiunque. La cosa che mi ha colpito nella pratica del Tarot (ancor più che con l’astrologia), è che quasi tutti chiedono se ‘avverrà qualcosa’: Troverò lavoro? Mi innamorerò? Venderò casa? Nessuno, o pochi, chiedono: cosa posso fare per trovare lavoro? Sono davvero pochi quelli che utilizzano il Tarot per capire cosa è in loro potere fare per intervenire su una data situazione.

Il futuro è percepito, per lo più, come qualcosa di ineluttabile che accadrà a dispetto della nostra volontà e, per ragioni onestamente a me misteriose (sono tra coloro che non hanno velleità di conoscere il futuro), nasce un’ansia anticipatoria che induce a voler sapere ciò che accadrà prima che accada. Certo, ci sono persone che usano il Tarot per capire meglio una situazione o per individuare elementi che aiutino a operare una scelta ma, nella mia esperienza, sono davvero pochi.

Allora, io credo che l’astrologia, in particolare nella lettura dei transiti che facilmente può rischiare di mettere il cliente in una posizione di sudditanza o passività rispetto alle ‘stelle’, abbia il compito di ricordare alla persona che assumersi la responsabilità della propria vita significa anche riprendersi il potere, conquistare la consapevolezza di ‘contare qualcosa’ e di non essere vittima degli eventi (addirittura causati dai pianeti che, davvero come dèi capricciosi, imbastirbbero il destino degli uomini).

Ma trovo che molto spesso, noi astrologi (come chiunque operi con uno strumento così potente come le carte per i tarologi o le parole per i counselor) cadiamo nell’errore di non valutare l’impatto che le nostre parole (rese macigni dalla posizione di potere che ricopriamo in quel momento nelle vesti di consulenti) possono avere, gettando in uno stato di sconforto o impotenza chi, venuto da noi in un momento di grave difficoltà, quasi sempre cerca innanzitutto conforto. Il compito di un consulto è di assistere la persona nelle sue fragilità, senza che questa rinunci alla libertà di scelta e alle sue responsabilità.

Va anche detto che molte persone cercano solo una serie di facili istruzioni e resistono all’idea di rendersi soggetti attivi della loro vita, ma alimentare questa loro debolezza è irresponsabile oltre che controproducente. È chiaro che in nessun caso si può forzare qualcuno ad assumersi una responsabilità che non desidera assumersi, o che non ha la forza di assumersi, e questo può significare trovarsi nella condizione di accettare lo stato di passività che il consultante ha deciso di avere rispetto alla vita.

Ciò nonostante, io credo che a maggior ragione si debba fare attenzione a non lasciare cadere parole come pietre che possono ancor di più far sentire inermi, schiacciati dal peso degli eventi, in preda al pianeta di turno (che Dio non voglia sia Plutone, e rischi l’infarto del malcapitato di turno se per caso ti chiede quanto dura e devi rispondergli 4 anni!) Piuttosto, sarà nostro compito in quel caso essere quanto più possibile onesti in base al tipo di persona che abbiamo di fronte, seminando spunti di riflessione che potranno essere o meno accolti, ma garantendo uno spazio di rassicurazione che, forse non farà sentire la persona in grado di trarre il meglio da ciò che gli sta accadendo, ma quanto meno potrà aiutarla a non sentirsene sopraffatta.

Sono convinta che si possa dare conforto senza alimentare false speranze o fare leva sulle fragilità. Possiamo rendere il consultante consapevole delle sue debolezze e potenzialità e di come queste possano intervenire nel periodo che sta vivendo, lasciando poi a lui la scelta se usare o meno le informazioni ricevute.

Concludendo, a chi si rivolge a me per la lettura dei transiti, cerco di dare una nuova prospettiva su se stesso, sul momento storico che sta vivendo e su come vi si può relazionare nella maniera più evolutiva o, qualora questo non fosse possibile, in modo da non soccombere agli eventi e nella speranza di risvegliare in chi ho di fronte la comprensione che la vita non è qualcosa di ineluttabilmente predestinato e che non siamo vittime del capriccio degli Dèi.

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