«Ogni fiaba è uno specchio magico che riflette alcuni aspetti del nostro mondo interiore, e i passi necessari per la nostra evoluzione dall’immaturità alla maturità.» Bruno Bettelheim
I musicanti di Brema
dei fratelli Grimm

Ciò che emerge immediatamente da
questa fiaba è la capacità di non abbattersi di fronte alle difficoltà e di
trovare soluzioni creative alle sfide. I nostri musicanti non si arrendono al
loro destino, ma decidono di ribellarsi realizzando di fatto un nuovo finale
per la loro storia. Ingrediente essenziale alla riuscita del piano è la
collaborazione dei quattro protagonisti che, seppur diversi, uniscono le loro
forze per un fine comune. Ciascuno di loro mette a disposizione le proprie
capacità contribuendo alla vittoria. Nessuno, infatti, da solo, avrebbe potuto
far fuggire i briganti ed è grazie alla partecipazione di tutti che riescono ad
ottenere ciò che desiderano. Abbiamo, dunque, una prima lettura della fiaba che
ci parla della capacità di ribellarsi, e del potere della cooperazione ma,
soprattutto, dell’importanza della creatività. Tuttavia molto interessanti sono
anche le emozioni che gli animali sentono: l’indignazione per essere stati svalutati e messi da
parte, la forza di non perdersi d’animo e il coraggio per
affrontare i banditi. Non ultimo però, c’è un aspetto fondamentale della fiaba
che occorre sottolineare: in realtà i musicanti di Brema non raggiungeranno mai
Brema, ma questo non è più importante. La vera conquista infatti, si esplica
nell’essere riusciti a riscattarsi e aver ottenuto ciò che desideravano: sentirsi
gratificati.
Tutti, prima o dopo, accettiamo
situazioni che ci concedono poco margine di scelta e diamo il passo a una
situazione psichica priva di intraprendenza, lasciandoci guidare dalla parte di
noi legata alla stanchezza emotiva e al senso di inadeguatezza o di inutilità.
Così facendo perdiamo il contatto con la nostra parte più viva (quella creativa) che vuole emergere, e corriamo un rischio gravissimo: invecchiare precocemente,
perdere la nostra vitalità. E’ dunque fondamentale, come il nostro asino,
rendersi conto del pericolo che si sta correndo e prendere una decisione. Avere
un obiettivo, percepire e contattare i propri bisogni e i propri desideri è il
primo, indispensabile passo per attivare l’energia necessaria a soddisfare i
primi e realizzare i secondi.
Ma mettersi in viaggio, ossia
avere un obiettivo, una mèta, non è sufficiente; per depositare il seme che
possa germogliare, bisogna affrontare e allontanare i briganti, ossia tutte
quelle situazioni, esterne e interne, che ci derubano della nostra essenza e
della possibilità di emergere pienamente.
Il più delle volte individuiamo
gli ostacoli al di fuori di noi, attribuendo colpe a chiunque tranne che a noi stessi.
Tuttavia, per quante situazioni complicate noi si possa incontrare, il più
grande ostacolo è sempre dentro di noi: può trattarsi della nostra incapacità
di accorgerci di un pericolo, o di ammettere che stiamo correndo un rischio (il
padrone vuole sbarazzarsi dell’asino); della mancanza di coraggio di
allontanarci da una situazione; del nostro rifiuto a prenderci cura delle
emozioni spiacevoli, la rabbia o il senso di sconfitta, che hanno il compito di
allertarci quando qualcosa non va. A volte si tratta di negare le nostre aspirazioni
(andare a Brema per unirsi alla banda), ma anche dell’incapacità di
riconoscere i veri alleati e di accettare il loro aiuto. Può essere
l’ostinazione a non vedere le nature diverse che ci abitano (cane, gatto, gallo
e asino), perché ammetterle sconvolgerebbe quella parvenza d’ordine cui siamo
aggrappati, oppure continuare a ignorare il potenziale che quegli aspetti
rinnegati di noi potrebbero restituirci. Infine, il più subdolo fra tutti: non
concederci di cambiare piano e vedere il cambio di rotta come un fallimento,
perdendone il vero significato. Perché, arroccati come siamo nella nostra
presunzione di sapere cosa è meglio, sentiamo di dovere, costi quel che costi,
raggiungere l’obiettivo iniziale anche quando questo, nel frattempo, ha perso
il suo significato; incapaci di capire che se la perseveranza è un qualità,
l’ostinazione è un difetto e la miopia, che ci impedisce di vedere che le cose
sono cambiate, una disgrazia.
Quando tutto appare immutabile è
facile scoraggiarsi e perdere la voglia di combattere; ciò conduce alla
rassegnazione. La rassegnazione è spesso confusa con l’accettazione sebbene i
due termini abbiano accezioni profondamente diverse. La rassegnazione infatti
ha una valenza passiva, in cui io subisco il mio destino, pervaso da un senso
di impotenza. Nell’accettazione invece c’è un abbrivio, un impulso iniziale
(vado a Brema) che va gradualmente aumentando man mano che, preso atto della
situazione e accettato di non poterla cambiare, ci si adopra per trovare una
soluzione alternativa. Allora, nei Musicanti di Brema, c’è un invito a
trasformare la rassegnazione in accettazione. Per farlo, è necessario un lavoro
di concerto tra l’asino, il cane, il gatto e il gallo, ossia tra le diverse
parti di noi che devono essere accettate e integrate affinché possano
collaborare.
L’Asino, simbolo della stupidità,
ci mette di fronte al valore dell’incoerenza e delle contraddizioni, attraverso
la dicotomia saggezza/ignoranza, che dimostra che nulla è scontato. Il cane ci ricorda
la fedeltà che dobbiamo a noi stessi; il gatto ci ammonisce sul rischio di
trascurare l’istinto, mentre il gallo, col suo canto, ci invita al risveglio e
alla rinascita.
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