Fiabe evolutive: Il principe ranocchio

«Ogni fiaba è uno specchio magico che riflette alcuni aspetti del nostro mondo interiore, e i passi necessari per la nostra evoluzione dall’immaturità alla maturità.» Bruno Bettelheim

Il principe ranocchio (o Enrico di ferro)
dei fratelli Grimm

"Nei tempi antichi, quando desiderare serviva ancora a qualcosa, c'era un re. Vicino al castello del re c'era un grande bosco tenebroso…" così inizia la fiaba che narra dell'incontro tra una principessa e un ranocchio fatato, che sbuca fuori da una sorgente in cui era caduta una palla d'oro con cui la principessa stava giocando. Il ranocchio accetta di aiutare la ragazza, recuperando la palla, in cambio della promessa di costei di diventare sua amica e tenerlo con sé. La principessa accetta lo scambio ma, riavuta la palla, ritratta la promessa, lasciando da solo il povero ranocchio. Una volta a casa, tuttavia, sente un gracidare fuori dal castello: altri non è che il ranocchio venuto a chiederle di tenere fede al patto. Il Re, quindi, esorta la figlia a mantenere la promessa, nonostante il suo ribrezzo. Nella versione più nota della fiaba, alla fine del racconto, la principessa, vedendo il ranocchio piangere ferito dal suo rifiuto, lo bacia, rompendo così un incantesimo. Il ranocchio si trasforma in un bel principe, e tutti vissero felici e contenti. (Per leggere la fiaba per intero clicca qui: Il principe ranocchio)

Pochi sanno che la storia del bacio, con cui finisce la fiaba, è una manipolazione del racconto, un cambiamento successivo. Nella versione originale il bacio non viene mai dato ma la principessa, stufa delle pretese del rospo, lo scaraventa contro un muro. Narra la fiaba: “Allora la principessa andò in collera, lo prese e lo gettò con tutte le sue forze contro la parete: Adesso starai zitto, brutto ranocchio! Ma quando cadde a terra, non era più un ranocchio: era un principe dai begli occhi ridenti". La fiaba si conclude poi con un finale a sorpresa in cui, il mattino seguente, un giovane servo del principe, Enrico di ferro, saputo della fine dell’incantesimo, torna a prenderlo. Il fedele suddito, afflitto dalla perdita del padrone, si era fatto mettere tre cerchi di ferro intorno al cuore, affinché non gli scoppiasse dall'angoscia e, sulla strada del ritorno, ora che il suo padrone è libero, i tre cerchi saltano via.

La fiaba comincia con ‘quando desiderare serviva ancora a qualcosa…’ inquadrando molto bene il desiderio di ogni essere umano: regnare, avere un potere. E’ necessario però appurare se questo potere si intenda su se stessi o sugli altri. La fiaba ci fornisce un indizio quando segnala, vicino al castello, la presenza di un bosco fitto e oscuro (tenebroso in verità) simbolo della nostra dimensione psichica altrettanto oscura e sconosciuta. Dunque, possiamo ipotizzare che questo ‘quando desiderare serviva ancora a qualcosa’ si riferisca alla dimensione psichica e spirituale, e ci segnali la necessità di raggiungere il potere di regnare su noi stessi, tramite un viaggio di consapevolezza che passa attraverso una perdita, una scelta, una promessa fatta e non mantenuta, e una ricerca di identità.

Nella vita, primo o poi, ognuno di noi si smarrisce e perde la sua palla. Per tutti arriva il momento in cui ci ritroviamo in un vuoto di senso, incastrati in una vita estranea alla nostra vera natura. Ma quand’è che ciò avviene? Quando, come la principessa, agiamo distrattamente irretiti dalla noia, dall’abitudine, dalla paura. Ecco che allora la nostra palla dorata, il nostro tesoro prezioso finisce da qualche parte, in un posto a noi inaccessibile. La distrazione, la mancanza di impegno, la sofferenza, ci conducono sulla soglia del disinteresse e dell’apatia per sfociare, tragicamente, nella rassegnazione. E’ facile, a quel punto, ritrovarsi in una vita ingannevole in cui tutto sembra normale, e di fatto lo è, tranne per il particolare che siamo stati privati della nostra linfa vitale. Non c’è nutrimento. L’inganno però non può durare per sempre e prima o dopo si presenta una tentazione. Qualcuno (o qualcosa, la vita di solito) ci propone un patto, mettendoci fatalmente e ferocemente di fronte alla nostra integrità: cos’è più importante per te, quello che sei o quello che vuoi avere?

È in quel momento che si corre il rischio di stringere accordi che non si potranno mantenere; a volte con gli altri, deludendo ogni promessa di fedeltà, altre volte con se stessi ed è questo il pericolo più grande. Quando inganniamo noi stessi, però, non ce la caviamo facilmente, e il nostro saggio Sé superiore (il rospo) si fa sempre vivo. Se infatti è possibile tradire se stessi, è di fatto impossibile uscirne indenni. Quando ci ostiniamo ad illuderci, il nostro vero Sé viene a galla, trova il modo di giungere al castello e reclama la nostra attenzione.

È di grande interesse, però, scoprire che l’incantesimo non si spezza con un bacio ma con un atto di collera: è la rabbia che rivela la vera natura del ranocchio. Ed è strano che egli non ne sia sconvolto, anzi, ha “occhi ridenti”. Ma d’altronde, come spiegherà alla principessa, era l'unico modo per essere salvato, e nessuno tranne lei poteva farlo.

Il principe ranocchio ci ricorda che noi siamo gli unici a poter cambiare le cose. Nessuno, tranne noi, può fare il miracolo. La nostra vita è la nostra storia, e noi siamo al contempo gli scrittori e gli attori di questa storia, gli autori e gli eroi. E come tutte le fiabe che si rispettino, il protagonista deve uscirne vittorioso. Vittorioso significa trasformato. Ciascuno di noi nasce principe o principessa, ossia con la possibilità di esprimere pienamente le proprie potenzialità, ma col tempo ce ne dimentichiamo. Ognuno di noi ha il compito di diventare re o regina della propria storia, di liberare il ranocchio dall’incanto, manifestando la propria vera natura, pur scaraventandolo sulla parete, se necessario. La fiaba ci esorta ad ascoltare il rospo che ci sprona a mantenere la promessa, a non tradire la nostra anima, e a trasformarci, attraverso un atto di ribellione, nel principe dai begli occhi ridenti. Allora, e solo allora, i cerchi sul cuore potranno sparire.

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