«Ogni fiaba è uno specchio magico che riflette alcuni aspetti del nostro mondo interiore, e i passi necessari per la nostra evoluzione dall’immaturità alla maturità.» Bruno Bettelheim
Il principe ranocchio (o Enrico di ferro)
dei fratelli Grimm

Pochi sanno che la storia del bacio, con cui finisce la fiaba, è una
manipolazione del racconto, un cambiamento successivo. Nella versione originale
il bacio non viene mai dato ma la principessa, stufa delle pretese del rospo,
lo scaraventa contro un muro. Narra la fiaba: “Allora la principessa andò in collera, lo prese e lo gettò con tutte le
sue forze contro la parete: Adesso starai zitto, brutto ranocchio! Ma quando
cadde a terra, non era più un ranocchio: era un principe dai begli occhi
ridenti". La fiaba si conclude poi con un finale a sorpresa in cui, il
mattino seguente, un giovane servo del principe, Enrico di ferro, saputo della
fine dell’incantesimo, torna a prenderlo. Il fedele suddito, afflitto dalla
perdita del padrone, si era fatto mettere tre cerchi di ferro intorno al cuore,
affinché non gli scoppiasse dall'angoscia e, sulla strada del ritorno, ora che
il suo padrone è libero, i tre cerchi saltano via.
La fiaba comincia con ‘quando desiderare serviva ancora a qualcosa…’
inquadrando molto bene il desiderio di ogni essere umano: regnare, avere un
potere. E’ necessario però appurare se questo potere si intenda su se stessi o
sugli altri. La fiaba ci fornisce un indizio quando segnala, vicino al
castello, la presenza di un bosco fitto e oscuro (tenebroso in verità) simbolo
della nostra dimensione psichica altrettanto oscura e sconosciuta. Dunque,
possiamo ipotizzare che questo ‘quando desiderare serviva ancora a qualcosa’ si
riferisca alla dimensione psichica e spirituale, e ci segnali la necessità di
raggiungere il potere di regnare su noi stessi, tramite un viaggio di
consapevolezza che passa attraverso una perdita, una scelta, una promessa fatta
e non mantenuta, e una ricerca di identità.
Nella vita, primo o poi, ognuno
di noi si smarrisce e perde la sua palla. Per tutti arriva il momento in cui ci
ritroviamo in un vuoto di senso, incastrati in una vita estranea alla nostra
vera natura. Ma quand’è che ciò avviene? Quando, come la principessa, agiamo
distrattamente irretiti dalla noia, dall’abitudine, dalla paura. Ecco che
allora la nostra palla dorata, il nostro tesoro prezioso finisce da qualche
parte, in un posto a noi inaccessibile. La distrazione, la mancanza di impegno,
la sofferenza, ci conducono sulla soglia del disinteresse e dell’apatia per
sfociare, tragicamente, nella rassegnazione. E’ facile, a quel punto, ritrovarsi
in una vita ingannevole in cui tutto sembra normale, e di fatto lo è, tranne per il
particolare che siamo stati privati della nostra linfa vitale. Non c’è
nutrimento. L’inganno però non può durare per sempre e prima o dopo si presenta
una tentazione. Qualcuno (o qualcosa, la vita di solito) ci propone un patto,
mettendoci fatalmente e ferocemente di fronte alla nostra integrità: cos’è più
importante per te, quello che sei o quello che vuoi avere?
È in quel momento che si corre il
rischio di stringere accordi che non si potranno mantenere; a volte con gli
altri, deludendo ogni promessa di fedeltà, altre volte con se stessi ed è
questo il pericolo più grande. Quando inganniamo noi stessi, però, non ce la caviamo
facilmente, e il nostro saggio Sé superiore (il rospo) si fa sempre vivo. Se
infatti è possibile tradire se stessi, è di fatto impossibile uscirne indenni.
Quando ci ostiniamo ad illuderci, il nostro vero Sé viene a galla, trova il
modo di giungere al castello e reclama la nostra attenzione.
È di grande interesse, però, scoprire
che l’incantesimo non si spezza con un bacio ma con un atto di collera: è la
rabbia che rivela la vera natura del ranocchio. Ed è strano che egli non ne sia
sconvolto, anzi, ha “occhi ridenti”. Ma d’altronde, come spiegherà alla
principessa, era l'unico modo per essere salvato, e nessuno tranne lei poteva farlo.
Il principe ranocchio ci ricorda
che noi siamo gli unici a poter cambiare le cose. Nessuno, tranne noi,
può fare il miracolo. La nostra vita è la nostra storia, e noi siamo al contempo gli scrittori e gli attori di questa storia, gli autori e gli eroi. E come tutte le fiabe che si rispettino, il
protagonista deve uscirne vittorioso. Vittorioso significa trasformato.
Ciascuno di noi nasce principe o principessa, ossia con la possibilità di
esprimere pienamente le proprie potenzialità, ma col tempo ce ne dimentichiamo.
Ognuno di noi ha il compito di diventare re o regina della propria storia, di
liberare il ranocchio dall’incanto, manifestando la propria vera natura, pur
scaraventandolo sulla parete, se necessario. La fiaba ci esorta ad ascoltare il
rospo che ci sprona a mantenere la promessa, a non tradire la nostra anima, e a
trasformarci, attraverso un atto di ribellione, nel principe dai begli occhi
ridenti. Allora, e solo allora, i cerchi sul cuore potranno sparire.
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