«Ogni fiaba è uno specchio magico che riflette alcuni aspetti del nostro mondo interiore, e i passi necessari per la nostra evoluzione dall’immaturità alla maturità.» Bruno Bettelheim
I desideri ridicoli
di Charles
Perrault
“Un povero boscaiolo, stanco della sua vita faticosa, si lamenta della
sua triste sorte. Un giorno, mentre si lagnava nel bosco, ecco apparirgli Giove
in persona. I tuoi lamenti mi hanno talmente commosso - gli dice il Dio
dell’Olimpo - che vengo a dimostrati che hai torto. Ti prometto di esaudire i
primi tre desideri che tu formulerai su qualsiasi soggetto. L’uomo torna a casa
e si consiglia con la moglie sul da farsi, la quale gli suggerisce di non
essere precipitoso, correndo il rischio di sciupare l’occasione avuta, e così
decidono di rinviare al giorno dopo la scelta dei desideri da esprimere.
Sfortunatamente, l’uomo, senza accorgersi, mentre si riposa presso il fuoco del
camino, dice che vorrebbe tanto poter mangiare una salsiccia e subito la
salsiccia compare. La moglie a quel punto comincia a inveire contro di lui che,
così stupidamente, ha sprecato uno dei desideri. Il boscaiolo, irritato,
reagisce, e nella collera augura che la salsiccia si attacchi al naso della
donna. Eccolo subito accontentato. Ora, anche se ottenesse di diventare re,
come farebbe a presentarsi sul trono con la moglie deturpata in quel modo?
Decide di consultarla in proposito affinché scelga lei stessa il suo destino,
ma la donna, per quanto bramosa, preferisce un bel naso che diventare una
regina brutta. Così, con l'ultimo desiderio a disposizione, il boscaiolo chiede
a Giove che lei ritorni come era e la vita di entrambi rimane invariata. La
fiaba si conclude con un monito: Tanto è vero che non tocca agli uomini, miseri
come sono, ciechi, imprudenti, malevoli, formar dei desideri; e che pochi fra
essi son capaci di ben giovarsi dei doni largiti loro dal cielo.” (Per
leggere la fiaba per intero clicca qui: I desideri ridicoli)
C’è un famoso detto che dice: attento a ciò che desideri perché potresti
ottenerlo, e che ha molto a che fare con la responsabilità. Siamo abituati
a desiderare la felicità, la fortuna, l’amore, come se questi fossero concetti
astratti. Ma la felicità non è una nozione ideale e intangibile, è un
attitudine interiore, una disponibilità a che le cose accadano. Certo, le
circostanze aiutano, o ostacolano, a seconda dei casi, ma non sono l’unico
ingrediente. L’ingrediente principe affinché i desideri si avverino è la nostra
disposizione ad assumerci la responsabilità e i rischi della loro
realizzazione. Il boscaiolo non fa che lamentarsi ma quando gli viene data
l’opportunità di cambiare la sua vita, se la prende comoda, forse per troppa
prudenza ma più probabilmente per avidità, per il timore di chiedere ‘troppo
poco’. Eppure, allo stesso tempo, sottovaluta scioccamente l’occasione
offertagli e con imperdonabile leggerezza, spreca il suo dono, prima per gola,
poi per collera, guarda caso due vizi capitali.
Il finale della fiaba ci fa
intendere che gli uomini, miseri, ciechi e imprudenti, non sono degni di
desiderare; non è loro compito perché non ne sono capaci. Io credo invece che
sia nostro compito proprio imparare a desiderare, ossia smettere di delegare il
nostro destino, la nostra fortuna, al di fuori di noi, a un Dio benevolo (o
malevolo), ai pianeti, agli uomini che ci governano o al caso
(favorevole o avverso che sia).
La storia del boscaiolo ci
ricorda che quando abbiamo un’opportunità, sotto qualunque veste si
manifesti, abbiamo il dovere di onorarla, assumendoci la responsabilità di
scegliere cosa farne perché, come dice lo zio di Spider man al nipote: «Da un grande potere derivano grandi
responsabilità». Avere la possibilità di esprimere tre desideri è un potere
enorme, e come tale non può essere mosso dall’ingordigia o dall’avidità, perché
questo equivale a disonorare il dono ricevuto e ci conduce, inevitabilmente,
alla disfatta, intendendo con disfatta che, come nella fiaba, tutto resta
invariato.
Se c’è una cosa che appare
evidente in questa fiaba è che nessuno può cambiare la propria vita senza
mettere in campo una volontà personale, anche semplicemente esprimendo un
desiderio (cosa che, ci dice la fiaba, non è facile come sembra); è qui il punto focale del racconto: Giove avrebbe potuto
semplicemente cambiare la vita dell’uomo in meglio, per esempio rendendolo
ricco, invece gli affida un compito, gli delega la responsabilità del suo
destino. In sintesi gli dice: io eseguo ciò che tu vorrai, ma sarai tu a scegliere, e hai tre
desideri per farlo. Perché lo fa? Proprio per dimostrare a l’uomo che è facile lamentarsi
ma molto meno facile prendere in mano la propria vita.
Il cuore di questa fiaba è che
oltre la fatica, il dolore o la povertà, arriverà sempre qualcuno commosso dalle
nostre doglianze ad offrirci un dono. Come e dove questo qualcuno si presenterà
è difficile prevederlo, ma il nostro compito è essere preparati a riconoscerlo e
ad assumerci la responsabilità del cambiamento e del desiderio.
Ciò che è indispensabile – e al
contempo arduo – è capire che la fortuna non si presenta quasi mai sotto vesti
scontate è quindi nostro compito riuscire a trovare il modo di trasformare ciò
che appare in ciò che è. Nelle fiabe, il destino dei protagonisti si svolge
sempre tra colpi di scena e imprevisti ma, a differenza del boscaiolo, l’eroe
della fiaba non manca di cogliere l’occasione e fa degli eventi una risorsa e
un insegnamento, e – alla fine – conquista sempre il trono, l’amata, il regno.
L’eroe della fiaba non
indietreggia di fronte al destino avverso, forse perché sa, in cuor suo, che
non esiste un destino avverso, esiste solo quel che è e, con quel che è si può
costruire sempre quel che vogliamo che sia. Basta solo avere fiducia e
continuare a fare del proprio meglio.
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