«Ogni fiaba è uno specchio magico che riflette alcuni aspetti del nostro mondo interiore, e i passi necessari per la nostra evoluzione dall’immaturità alla maturità.» Bruno Bettelheim
Barbablù
di Charles Perrault

Durante l’assenza di Barbablù la fanciulla, spinta dalle sorelle
maggiori, cede alla curiosità ed apre la porta, scoprendo all’interno della
stanza i corpi senza vita delle precedenti mogli. Trasalendo, alla fanciulla
cade di mano la chiave con cui ha aperto la porta e questa si macchia di
sangue. Riusciti vani gli sforzi di pulire la macchia, Barbablù al suo ritorno
scopre che il divieto da lui posto è stato infranto, quindi si appresta ad
uccidere anche la nuova sposa. La fanciulla, però, con l’aiuto delle sorelle,
riesce a far sì che i suoi fratelli la raggiungano prima che le cose
precipitino ed essi uccidono Barbablù. Rimasta vedova, la fanciulla eredita
tutta la ricchezza di Barbablù, con la quale assicura una vita agiata a sé e
alla sua famiglia.” (Per leggere la fiaba per intero clicca qui: Barbablù)
Barbablù agisce subdolamente,
come un vero predatore della psiche: fa colpo sulla preda debole, la figlia
minore, la corteggia con le cose, non con la sua identità. Lei sposa ciò che
lui millanta e che promette di garantirle. La fanciulla è troppo ingenua per
capire che non sposa lui. Il modo in cui lui la adesca è qualcosa che accade
spesso in molti campi della nostra vita, lavoro, relazioni, carriera, famiglia.
Non ci rendiamo conto di cedere alla seduzione dell’apparire a scapito
dell’essere. Ma ci sono potenzialità dell’anima (le sorelle), spesso a livello
inconscio, che hanno esperienza e fiuto, e sanno metterci in guardia se solo
sappiamo ascoltarle.
Barbablù è quella dimensione
interiore selvaggia trascurata, il sapiente fallito, il mago mancato che
diventa stregone cattivo, il nostro predatore psichico che ci induce nella
tentazione di smettere di credere in noi, di accontentarci. Nessuno è privo di
questa dimensione, perché essa cresce dai nostri errori e poiché siamo tutti
esseri perfettibili, nessuno di noi né è esente. Ma un cuore selvaggio, non
curato, è un cuore sofferente e facilmente cade nella trappola.
L’errore, lo sbaglio, è parte
integrante del nostro percorso di crescita, di presa di coscienza. L’errore, in
quanto ostacolo, è il gradino per superarsi, evitarlo è dunque impossibile,
oltre che inutile. Ma il predatore psichico, il Barbablù con cui tutti
conviviamo, si serve dell’errore per impiantare il dubbio e, facendo leva sulla
nostra ingenuità, sull’incapacità a riconoscere il male, ci sottomette. Ecco
allora che proprio come la sorella minore accetta di non sapere, dicendo:
"Insomma la sua barba non è che sia
poi così tanto blu", così anche noi accettiamo di non vedere, di non
ascoltare ciò che il nostro cuore canta o urla.
Di solito per paura della
punizione noi tendiamo a nascondere l'errore e alla fine, nascondendo le cose, finiamo tragicamente per nascondere noi stessi e seppellirci con i nostri
sbagli. In tal modo anche noi, nella nostra psiche, creiamo una stanza
proibita, una cantina terribile, il cosiddetto armadio pieno di scheletri che
non trovano pace finché non gli concediamo degna sepoltura, portandoli alla
luce. Quando questo avviene, il cuore sanguina per un po’ e, come la macchia di
sangue della chiave, è una macchia che non si può lavare, che grida la nostra
colpa, smascherandoci.
Ma è lì il punto di svolta, il
momento in cui noi, preso atto del terribile massacro (tutto ciò che non ci
siamo concessi, le parti di noi che abbiamo amputato), saremo costretti ad
affrontare Barbablù - il predatore interno che ci dice che non possiamo (che non
siamo capaci, che non abbiamo diritto, che non ce lo meritiamo) - e a chiamare in
soccorso la nostra volontà, la nostra determinazione, il nostro valore
personale perché vengano, come i fratelli della storia, ad uccidere il mostro.
Barbablù tende alla sua sposa una
trappola, le dice "Puoi aprire tutte
le stanze del castello tranne una sola", generando di fatto in lei la
massima curiosità e il desiderio di ribellione, perché sempre il proibito
solleva la trasgressione. Psicologicamente il divieto incita alla
disobbedienza, è fatto per essere infranto, per crescere e renderci
indipendenti. Il desiderio di scoperta è sinonimo di spirito sano e richiede
che il frutto proibito venga assaggiato: solo così può avvenire il distacco, solo così si
avvia un processo di crescita e si pone fine all’ingenuità. Solo così, non
veniamo scannati. È dunque andando incontro al male, affrontandolo, che
impariamo a riconoscerlo e possiamo davvero starne alla larga. Perché il
frutto proibito può essere evitato ma non vietato.
La fiaba di Barbablù non è contro
la curiosità bensì a favore del dubbio, motore di ricerca e di approfondimento.
Una persona che non ha dubbi non avrà mai nemmeno delle vere e personali
certezze. Dubitare e domandare sono le chiavi che aprono le porte psichiche;
confrontarsi, contraddirsi, correggersi sono le chiavi essenziali per
trascendere e crescere.
Questa fiaba ci ricorda che tutti
abbiamo i nostri cadaveri nello scantinato: fallimenti, traumi, brutti ricordi,
amori infranti e sogni mai realizzati. La bestia, il cosiddetto uomo nero,
agisce in quel luogo. Il Barbablù della nostra fiaba è il nostro alter Ego che
non amiamo, che disprezziamo ma che inconsciamente ci governa. Una parte di noi
in fondo lo sa che c'è questo luogo e lo tiene accuratamente serrato. Prima o
poi, tuttavia, dobbiamo scendere nella stanza psichica e macchiarci col sangue
se vogliamo ereditare il castello e tutte le ricchezze.
La fiaba di Barbablù ha tematiche tipicamente plutoniane e pertanto possiamo associarla al segno dello Scorpione.
Questo articolo deve molto a Donne che corrono coi lupi, di C.P. Estes
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