La rabbia ha bisogno di essere
trasformata, solo allora può diventare forza e potrà essere utilizzabile. Non
c’è nessun processo di guarigione, né tanto meno alcun processo psicologico, che non
passi attraverso la rabbia. Quando c’è una ferita bisogna prima di tutto che si
possa urlare contro chi l’ha provocata, in questo modo si riesce a capire che
stiamo continuando a fare a noi stessi le stesse cose che in passato ci hanno fatto gli
altri.
Questo induce alla presa di coscienza che la passata mancanza di
rispetto, l’abuso, la mancanza di amore, tutto quello che può essere arrivato
dalla famiglia d’origine, può essere cauterizzato accedendo a se stessi, e
riuscendo a fare della propria vita ciò che si desidera.
Molte donne si comportano come se
si vergognassero della loro aggressività, proprio a seguito di trascuratezze,
di abbandoni o addirittura abusi. Sono abituate a respingere nell’ombra i
sentimenti ostili, passaggio obbligato e appreso quand’erano piccole per non
perdere quel poco di attenzione e affetto che ricevevano. Da adulti, quando la
rabbia è trattenuta troppo a lungo, diventa difficile contattarla, se ne ha
paura, a volte a ragione, perché quando la rabbia è stata soffocata troppo a
lungo c’è il rischio che possa esplodere. Si teme che alzando il coperchio possa uscire chissà cosa, e soprattutto non si è certi di riuscire a
fermarsi e per questo si sta attenti a non sollevarlo. Eppure, esprimere la
rabbia, la collera, è un passaggio obbligato per la guarigione, è essenziale a
qualunque terapia. Urlare, picchiare, battere i pugni, non su qualcuno
naturalmente, ma simbolicamente, potrà liberare tutto quel potenziale rimosso,
e che da rimosso non solo non serve ma diventa distruttivo. È come fare uscire
le tossine da una ferita che non si può lasciare infetta perché manderebbe in
tilt il sistema psicologico.
Rivivere la propria rabbia non
significa buttarla addosso a qualcuno, significa esprimerla in un contesto
simbolico: scrivere, imbrattare un muro, rompere qualcosa, può essere d’aiuto;
l’importante è lasciarsi andare alle emozioni che l’inconscio lascia emergere
in quel momento. Le capacità simboliche permettono all’Io di restare in
superficie e contemporaneamente di essere testimone dell’esperienza che si sta
vivendo. Dopo questo passaggio si sarà in grado di sentire la collera senza
doverla più sopprimere e senza cedere al suo impulso distruttivo. Ci si
sorprenderà nello scoprire una forza e una determinazione che troveranno un canale
per potersi esprimere, perché passando attraverso la metafora, l’espressione
simbolica, la rabbia perde la sua pericolosità.
In particolare per quelle donne
che sono state a lungo passive, in attesa, la rabbia può trasformarsi in
combattività, fermezza, volitività, e permetterà di prendere in mano il proprio
destino. Il vero lavoro sulla rabbia consiste nel rispondere ai bisogni che la
rabbia rivela, se la rabbia ha ancora bisogno di esprimersi contro i carnefici
del passato, significa che non è stata ancora integrata e quindi trasformata.
E’ necessario capire che si manca di rispetto a se stessi tollerando l’abuso o
rifugiandosi nella condizione di vittima. Si tratta di riconoscere quello che
c’è e ciò che si sta facendo a se stessi in seguito a quello che ci è stato fatto nel passato.
In genere, le persone che sono in
queste condizioni fanno a se stessi i medesimi crimini che hanno subito in
passato: se sono stato sminuito, svalutato, tenderò probabilmente ad essere
fortemente autocritico. Questo difficilissimo passaggio, costituisce un vero e
proprio incontro con l’ombra che si rende possibile solamente quando non siamo
più negligenti verso noi stessi.
Quando si riconosce la propria
ombra, e si ricorre a questo tipo di lavoro, si libera anche il potere
seppellito insieme alla rabbia e a quel punto si smette di essere vittime.
Riappropriarsi di questo potere è una tappa fondamentale del processo di
trasformazione dell’aggressività in forza. L’accettazione dell’ombra si
accompagna anche ad una distensione del sistema nervoso perché non ci si deve
più difendere a tutti i costi, non si percepisce più ogni cosa come un attacco
ma si può finalmente essere quello che si è, e questo andrà a sostituire la
disperazione, il rancore e il risentimento.
Il bisogno di essere sempre al
centro dell’attenzione, presente in molte donne, rivela questa ferita latente,
spesso di un padre negligente che non ha sostenuto, che era distante. Queste
donne si pongono sempre nella condizione di avere bisogno, un bisogno costante
di essere sostenute dallo sguardo dell’uomo. Il loro equilibrio psicologico non
è mai stabile, sono ipersensibili, vanno in tilt, perché non c’è un centro
solido da cui partire; il centro è fuori di loro.
Se la donna non prende coscienza
della sua mancanza di autostima, che è ciò che crea la voragine, arriverà
all’interno della coppia gravata da aspettative che faranno crollare tutto. Non
si può chiedere ad un'altra persona di risolvere un problema di tipo personale,
non sarebbe neppure pensabile trovare un uomo che fosse sempre intento ad
adulare, sostenere o confermare (naturalmente questo può essere vero anche al
contrario, a volte sono gli uomini che cercano conferma in una donna). Sarà
proprio il bisogno di prestare attenzione alla sofferenza che ci trasciniamo
dentro, che potrà portare queste persone a capire quanto ciò che è successo da
piccoli influenzi la vita di relazione. Questo comprensione potrà portare
gradualmente ad affrancarsi dall’idea del principe azzurro o della bella addormentata.
Questo non ha niente a che fare
con il rinunciare alla gratificazione all’interno di una relazione, una cosa
non solo sana ma auspicabile; ma avere un amore sano non significa dipendere da
questo amore. Per uscire da questa situazione si dovrà prima di tutto
affrancarsi dalla sfiducia di sé che ritrova un po’ di sicurezza solo in
presenza dello sguardo dell’Altro. Per trasformare la stima di sé e rendersi
indipendente dallo sguardo altrui, bisogna fare alcuni passaggi. Per prima cosa
bisogna recuperare l’ombra, ovvero smettere di ritenere gli altri responsabili
della propria felicità o infelicità; iniziare a lavorare su di sé e recuperare
la rabbia proibita.
Naturalmente in astrologia tutto ciò ha a che fare con Marte e, spesso con Plutone.
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