Oroscopo 2019 di Astri & DisAstri

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ARIETE - Barbablù di Charles Perrault

“Barbablù è uno uomo molto ricco, tuttavia il suo aspetto spiacevole – dovuto alla barba di colore blu – e il fatto che tutte le sue precedenti mogli siano scomparse misteriosamente, gli impediscono di trovare una sposa. Nonostante i molti impedimenti, grazie alle sue ricchezze Barbablù riesce a persuadere la figlia di una vicina a sposarsi con lui: così, celebrate le nozze, la fanciulla va a vivere nella casa di Barbablù. Dopo poco, l’uomo deve partire per lavoro, e informa la sposa del suo viaggio vietandole in maniera categorica di accedere ad una precisa stanza. Ingiunto il divieto, l’uomo lascia tuttavia alla sposa la chiave per aprire la porta proibita, come a volerla sottoporre ad una prova.

        Durante l’assenza di Barbablù la fanciulla, spinta dalle sorelle maggiori, cede alla curiosità ed apre la porta, scoprendo all’interno della stanza i corpi senza vita delle precedenti mogli. Trasalendo, alla fanciulla cade di mano la chiave con cui ha aperto la porta e questa si macchia di sangue. Riusciti vani gli sforzi di pulire la macchia, Barbablù al suo ritorno scopre che il divieto da lui posto è stato infranto, quindi si appresta ad uccidere anche la nuova sposa. La fanciulla, però, con l’aiuto delle sorelle, riesce a far sì che i suoi fratelli la raggiungano prima che le cose precipitino ed essi uccidono Barbablù. Rimasta vedova, la fanciulla eredita tutta la ricchezza di Barbablù, con la quale assicura una vita agiata a sé e alla sua famiglia.”(Se volete leggere la fiaba per intero: Barbablù)



Barbablù agisce subdolamente, come un vero predatore della psiche: fa colpo sulla preda debole, la figlia minore, la corteggia con le cose, non con la sua identità. Lei sposa ciò che lui millanta e che promette di garantirle. La fanciulla è troppo ingenua per capire che non sposa lui. Il modo in cui lui la adesca è qualcosa che accade spesso in molti campi della nostra vita, lavoro, relazioni, carriera, famiglia. Non ci rendiamo conto di cedere alla seduzione del’apparire a scapito dell’essere. Ma ci sono potenzialità dell’anima (le sorelle), spesso a livello inconscio, che hanno esperienza e fiuto e sanno metterci in guardia se solo sappiamo ascoltarle.

Cari Ariete quest’anno siete chiamati ad ascoltare le ‘sorelle’, ossia a prendere coscienza della parte più saggia di voi che può aiutarvi a smascherare i falsi adulatori, gli adescamenti di Barbablù. Barbablù è quella dimensione interiore selvaggia trascurata, il sapiente fallito, il mago mancato che diventa stregone cattivo, il nostro predatore psichico che ci induce nella tentazione di smettere di credere in noi, di accontentarci. Nessuno è privo di questa dimensione, perché essa cresce dai nostri errori e poiché siamo tutti esseri perfettibili, nessuno di noi né è esente. Ma un cuore selvaggio, non curato, è un cuore sofferente e facilmente cade nella trappola.

L’errore, lo sbaglio, è parte integrante del nostro percorso di crescita, di presa di coscienza. L’errore, in quanto ostacolo, è il gradino per superarsi, evitarlo è dunque impossibile, oltre che inutile. Ma il predatore psichico, il Barbablù con cui tutti conviviamo, si serve dell’errore per impiantare il dubbio e, facendo leva sulla nostra ingenuità, sull’incapacità a riconoscere il male, ci sottomette. Ecco allora che proprio come la sorella minore accetta di non sapere, dicendo: "Insomma la sua barba non è che sia poi così tanto blu", così anche noi accettiamo di non vedere, di non ascoltare ciò che il nostro cuore canta o urla.

Di solito per paura della punizione noi tendiamo a nascondere l'errore e alla fine nascondendo le cose finiamo tragicamente per nascondere noi stessi e seppellirci con i nostri sbagli. In tal modo anche noi, nella nostra psiche, creiamo una stanza proibita, una cantina terribile, il cosiddetto armadio pieno di scheletri che non trovano pace finché non gli concediamo degna sepoltura, portandoli alla luce. Quando questo avviene, il cuore sanguina per un po’ e, come la macchia di sangue della chiave, è una macchia che non si può lavare, che grida la nostra colpa, smascherandoci.

Ma è lì il punto di svolta, il momento in cui noi, preso atto del terribile massacro (tutto ciò che non ci siamo concessi, le parti di noi che abbiamo amputato), saremo costretti ad affrontare Barbablù, il predatore interno che ci dice che non possiamo (che non siamo capaci, che non abbiamo diritto, che non ce lo meritiamo) e chiamare in soccorso la nostra volontà, la nostra determinazione, il nostro valore personale perché vengano, come i fratelli della storia, ad uccidere il mostro.

Barbablù tende alla sua sposa una trappola, le dice "Puoi aprire tutte le stanze del castello tranne una sola", generando di fatto in lei la massima curiosità e il desiderio di ribellione, perché sempre il proibito solleva la trasgressione. È questo il grande dilemma che potrebbe presentarvisi quest’anno, la scelta tra l’obbedienza morale verso qualcuno e la fedeltà verso voi stessi. Psicologicamente il divieto incita alla disobbedienza, è fatto per essere infranto, per crescere e rendersi indipendenti. Il desiderio di scoperta è sinonimo di spirito sano e richiede che il frutto proibito venga assaggiato: solo così può avvenire il distacco, si avvia un processo di crescita e si pone fine all’ingenuità. Solo così, non veniamo scannati. È, dunque andando incontro al male, affrontandolo, che imparerete a riconoscerlo e quindi potrete davvero starne alla larga. Perché il frutto proibito può essere evitato ma non vietato.

La fiaba di Barbablù non è contro la curiosità bensì a favore del dubbio, motore di ricerca e di approfondimento. Una persona che non ha dubbi non avrà mai nemmeno delle vere e personali certezze. Dubitare e domandare sono le chiavi che aprono le porte psichiche; confrontarsi, contraddirsi, correggersi sono le chiavi essenziali per trascendere e crescere.

Allora cari Ariete, nel 2019 contradditevi, correggetevi, dubitate. Sappiate che tutti abbiamo i nostri cadaveri nello scantinato: fallimenti, traumi, brutti ricordi, amori infranti e sogni mai realizzati. La bestia, il cosiddetto uomo nero, agisce in quel luogo. Il Barbablù della nostra fiaba è il nostro alter Ego che non amiamo, che disprezziamo ma che inconsciamente ci governa. Una parte di voi in fondo lo sa che c'è questo luogo e lo tiene accuratamente serrato. Prima o poi, tuttavia, dovrete scendere nella stanza psichica e macchiarvi di sangue se vorrete ereditare il castello e tutte le ricchezze.

La lettura di questa fiaba deve molto a Donne che corrono coi lupi, di C.P. Estes


TORO - Il brutto anatroccolo di Hans Christian Andersen

“Nel nido di mamma anatra tutte le uova si erano aperte, tranne una. Così, mentre i suoi graziosi anatroccoli gialli già pigolavano tra l'erba, mamma anatra si impegnò a covare ancora l'uovo chiuso, finché non si aprì. Ne uscì un anatroccolo grigio e sgraziato. Benché tutti deridessero l'ultimo nato, mamma anatra aveva fiducia: nuotava bene, era di buon carattere e sarebbe cresciuto. Se non era bello, pazienza, in fondo per un maschio è un fattore secondario... Ma per il piccolo la situazione non era facile: galline e anatre lo urtavano, il tacchino lo impauriva, il fattore lo prendeva a calci e i suoi fratelli non perdevano occasione per maltrattarlo. Il brutto anatroccolo decise di scappare, ma le cose non migliorarono. Una gallina gli chiese se sapeva deporre le uova e un gatto gli chiese se faceva la ruota come i tacchini. Lui non era in grado di fare niente di tutto ciò. Si allontanò ancora una volta, mentre l'inverno cominciava a gelare gli stagni. Furono mesi lunghi e duri, trascorsi al gelo tra la vita e la morte, ma alla fine il sole tornò a riscaldare la terra e sullo stagno illuminato l'anatroccolo si fermò ad ammirare la grazia di tre cigni superbi. Fu rapito da tanta grazia e una strana tristezza lo invase: sapeva di non poterli avvicinare, anche loro lo avrebbero cacciato. In quel momento, posato lo sguardo sull'acqua, si accorse che la sua immagine era identica alla loro. Mentre i tre cigni gli andavano incontro per accoglierlo, i bambini dalla riva lodarono la sua eleganza. Lui, il brutto anatroccolo, era diventato uno splendido cigno.” (Se volete leggere la fiaba per intero: Il brutto anatroccolo)

Il brutto anatroccolo mette in luce alcune delle difficoltà che ciascuno di noi incontra nel difficile e precario percorso di identità. È un cammino pieno di ostacoli, contraddizioni e tentazioni di omologazione al ‘gregge’, di prove da superare per giungere all’ambita mèta: scoprire chi siamo. Molte delle nostre sofferenze nascono dal disperato tentativo di identificarci con cose che non ci corrispondono proprio come il nostro anatroccolo fa con le oche, la gallina e il gatto. A un certo punto, egli si augura addirittura di poter solo vivere tranquillamente come anatra, ma sa che non gli è permesso. Nessuna di queste cose è il suo vero Io.

Cari Toro, quando si resta troppo a lungo in qualcosa che non ci corrisponde, la sofferenza diviene massima, ci rinchiude in noi stessi in un luogo freddo, gelido come l’inverno. E’ qui che si rende indispensabile un abbandono o una fuga. L’erranza è un tema fondamentale da un punto di vista psicologico. È l’errare, (sia nel suo senso di vagabondare che in quello di sbagliare) che conduce infatti, al raggiungimento di una vera identità. Il nostro piccolo eroe va a cercare al di fuori del proprio ambiente una ragione per essere e per vivere, ed è così che lui cambia il suo destino: non restando dove è, trovando il coraggio di esplorare nuove possibilità.

Anche a voi, quest’anno, con l’arrivo di Urano, potrete trovare il coraggio di esplorare nuove possibilità che, verosimilmente, vi condurranno alla scoperta di insolite parti di voi, necessarie ad arricchire e completare la vostra identità. Uno degli aspetti più interessanti di questa fiaba è che ci ricorda che il cammino di accettazione di sé è un fatto esclusivamente personale. Continuare a non riconoscervi, a non darvi valore in attesa che sia il mondo ad attribuirvelo, significa destinarvi alla sofferenza o, se vi va bene, all’insoddisfazione. L’anatroccolo pone fine alla sua ricerca, trovando il suo posto nel mondo, nel momento stesso in cui si vede riflesso nello stagno; solo così capisce di essere un cigno. È dunque lui che scopre la sua vera natura, nessuno gliela rivela. E nel momento in cui lui si vede, allora avviene anche il miracolo esterno (e non viceversa). Infatti, alla sua accettazione corrisponde l’accettazione degli altri cigni che gli si accalcano attorno a fargli festa mentre i bambini si complimentano dalla riva per la sua bellezza.

Egli ha accettato la sfida e l’ha superata. Accettare la sfida è un passaggio importante, che vi consente di non continuare a vivere passivamente le difficoltà e non portarvi dietro il passato come una inutile valigia pesante; consiste anche nel non accettare più l’immagine negativa (negativa in quanto non autentica) che gli altri vi hanno rimandato ma andare a trovare la vostra immagine, lavorando sulle caratteristiche e su quei tratti personali che caratterizzano l’identità unica e speciale che vi appartiene.

La trasformazione infatti, in questa favola, sta nel poter finalmente scoprire la propria verità, la verità su se stessi senza più accontentarsi del riflesso degli altri che è, spesso, una fotocopia sbiadita di chi siamo veramente. Così, se avrete il coraggio di guardare voi stessi, potrete scoprire qualcosa di veramente importante: che siete cigni aggraziati e luminosi. Ma per conoscere quello che siete è necessario non aver paura di ammettere tutto quello che non siete, anche se questo significasse distinguervi e affrancarvi da ciò che avete sempre ritenuto importante ma che, probabilmente, vi tiene incatenati. Quest’anno comincia il viaggio per spezzare le catene.

L’analisi di questa fiaba si ispira a un articolo di Lidia Fassio


GEMELLI - Le tre piume dei fratelli Grimm

“C’era un re che aveva tre figli: due intelligenti e avveduti, mentre il terzo, che parlava poco, lo chiamavano il Grullo. Non sapendo a quale figlio lasciare il regno, il re li sottopose ad una prova: "Andate, colui che mi porterà il tappeto più sottile diventerà re dopo la mia morte." Affinché non litigassero fra di loro, li condusse davanti al castello, e soffiando fece volare in aria tre piume dicendo: "Dovete seguire il loro volo." Una piuma volò verso oriente, l'altra verso occidente, mentre la terza non arrivò molto lontano, e cadde a terra ben presto. Così un fratello andò a destra, l'altro se ne andò a sinistra mentre il Grullo fu deriso perché dovette fermarsi poco distante. Il Grullo si mise a sedere tutto triste quando d'un tratto scorse una botola proprio accanto alla piuma. L'aprì e discese una scala arrivando davanti a una porta. Qui trovò un rospo che lo aiutò consegnandogli tutti gli oggetti delle prove richieste dal padre mentre i due fratelli, che credevano che il minore fosse tanto sciocco da non essere in grado di trovare nulla, affrontarono la sfida dicendo "Perché‚ darsi la pena di cercare tanto!" e portando a casa la prima cosa trovata. È così che il Grullo ottenne il trono regnando a lungo e saggiamente.” (Se volete leggere la fiaba per intero: Le tre piume)

Nella nostra storia il figlio minore rimane apparentemente fermo sullo stesso luogo; in realtà il suo viaggio inizia dentro se stesso, in una grotta (l’inconscio) all’interno della terra. I fratelli maggiori invece si allontanano da se stessi e, distraendosi dal loro intimo, non si impegnano a sufficienza a cercare ciò che viene loro richiesto. Il comportamento superficiale dei due fratelli è contrapposto all’esplorazione sotterranea e profonda del nostro Grullo che si risolverà in una sconfitta per i primi e in una vittoria per il secondo.

Cari Gemelli, la parola chiave di quest’anno per voi è vedere; vedere qualcosa che non avevate ancora visto. E questo vedere inizia da un viaggio dentro la terra, all’interno di voi stessi. La vista, infatti, può attivarsi solo nel buio, scendendo nella grotta, che è l’inizio del cammino dentro di voi. Se, come i fratelli maggiori, vi allontanerete dal vostro intimo, impegnandovi solo superficialmente nella vostra ricerca, non otterrete nulla. Solo esplorando in profondità, come il figlio minore considerato stupido, troverete oggetti preziosi e di rara bellezza.

In questa fiaba non è l’astuzia a prevalere quanto, piuttosto, il destino. Le piume ci dicono che non è sempre l’intelligenza la nostra arma migliore ma bisogna anche sapersi affidare agli eventi. Lasciar fare alla sorte, e scendere nel proprio inconscio, sono la strada per giungere all’evoluzione di sé e al compimento del proprio destino. Ne Il mondo incantato, Bruno Bettelheim scrive che l’eroe de Le Tre piume, benché considerato stupido, risulta vittorioso poiché familiarizza con l’inconscio e ne sfrutta i poteri e le risorse, mentre i fratelli, che si affidano solo all’intelligenza, rimangono fissati alla superficie delle cose comportandosi di fatto da veri stupidi.

Il loro comportamento suggerisce che essere separati dal nostro inconscio porta fuori strada, allontanandoci dalla saggezza. Quando ci scolleghiamo dalla profondità interiore, sottovalutando le esperienze fatte e la possibilità di apprendere da esse, ci destiniamo a ripetere sempre gli stessi errori, come i fratelli del Grullo che non una, non due ma ben tre volte, sottovalutano le capacità del fratello perdendo tutte le prove.

Dunque cari Gemelli, non commettete gli stessi errori, imparate dal passato, sintetizzate le esperienze e fatene un bagaglio prezioso che vi conduca su sentieri nuovi e proficui. Aguzzate la vista, siate chirurgici nell’analisi ma sappiate, altresì, aprirvi agli eventi, accogliere le coincidenze come segnali che la vita, forse, vi sta indicando qualcosa. Non affidate tutto all’intelligenza, apritevi al mistero di una botola nel terreno e di una piuma che non vola tanto lontano. Giacché non sempre è necessario allontanarsi per trovare un tesoro, dato che esso, nel bene e nel male, è sepolto dentro di voi e che voi restiate fermi o vi muoviate, ve lo portate sempre appresso. Ogni cosa però, compresi i tesori, prende vita e acquista valore solo se siamo capaci di vederla. Perché vedere significa appurare che qualcosa esiste, prenderne coscienza, portarla dalla grotta in superficie e consegnarla al re. E solo allora egli potrà affidarvi il suo regno.


CANCRO - Il principe ranocchio (o Enrico di ferro) dei fratelli Grimm

"Nei tempi antichi, quando desiderare serviva ancora a qualcosa, c'era un re. Vicino al castello del re c'era un grande bosco tenebroso…" così inizia la fiaba che narra dell'incontro tra una principessa e un ranocchio fatato, che sbuca fuori da una sorgente in cui era caduta una palla d'oro con cui la principessa stava giocando. Il ranocchio accetta di aiutare la ragazza, recuperando la palla, in cambio della promessa di costei di diventare sua amica e tenerlo con sé. La principessa accetta lo scambio ma, riavuta la palla, ritratta la promessa, lasciando da solo il povero ranocchio. Una volta a casa, tuttavia, sente un gracidare fuori dal castello: altri non è che il ranocchio venuto a chiederle di tenere fede al patto. Il Re, quindi, esorta la figlia a mantenere la promessa, nonostante il suo ribrezzo. Nella versione più nota della fiaba, alla fine del racconto, la principessa, vedendo il ranocchio piangere ferito dal suo rifiuto, lo bacia, rompendo così un incantesimo. Il ranocchio si trasforma in un bel principe, e tutti vissero felici e contenti. La storia del bacio però è una manipolazione del racconto, un cambiamento successivo. Nella versione originale il bacio non viene mai dato, ma la principessa stufa delle pretese del rospo, lo scaraventa contro un muro. Narra la fiaba: “Allora la principessa andò in collera, lo prese e lo gettò con tutte le sue forze contro la parete: - Adesso starai zitto, brutto ranocchio! Ma quando cadde a terra, non era più un ranocchio: era un principe dai begli occhi ridenti". La fiaba si conclude poi con un finale a sorpresa in cui, il mattino seguente, un giovane servo del principe, Enrico di ferro, saputo della fine dell’incantesimo, torna a prenderlo. Il fedele suddito, afflitto dalla perdita del padrone, si era fatto mettere tre cerchi di ferro intorno al cuore, affinché non gli scoppiasse dall'angoscia e, sulla strada del ritorno, ora che il suo padrone è libero, i tre cerchi saltano via. (Se volete leggere la fiaba per intero: Il principe ranocchio)

La fiaba comincia con ‘quando desiderare serviva ancora a qualcosa…’ inquadrando molto bene il desiderio di ogni essere umano: regnare, avere un potere. E’ necessario però appurare se questo potere si intenda su se stessi o sugli altri. La fiaba ci fornisce un indizio quando segnala, vicino al castello, la presenza di un bosco fitto e oscuro (tenebroso in verità) simbolo della nostra dimensione psichica altrettanto oscura e sconosciuta. Dunque, possiamo ipotizzare che questo ‘quando desiderare serviva ancora a qualcosa’ si riferisca alla dimensione psichica e spirituale, e ci segnali la necessità di raggiungere il potere di regnare su noi stessi, tramite un viaggio di consapevolezza che passa attraverso una perdita, una scelta, una promessa fatta e non mantenuta, e una ricerca di identità.

Cari Cancro, prima o poi nella vita tutti noi ci smarriamo, perdiamo la nostra palla. Ci ritroviamo in un vuoto di senso incastrati in una vita estranea alla nostra vera natura. Ma quand’è che ciò avviene? Quando, come la principessa, agiamo distrattamente irretiti dalla noia, dall’abitudine, dalla paura. Ecco che allora la nostra palla dorata, il nostro tesoro prezioso finisce da qualche parte, in un posto a noi inaccessibile. La distrazione, la mancanza di impegno, la sofferenza, ci conducono alla soglia del disinteresse e dell’apatia per sfociare, tragicamente, nella rassegnazione. E’ facile a quel punto ritrovarsi in una vita ingannevole in cui tutto sembra normale, e di fatto lo è, tranne il particolare che siamo stati privati della nostra linfa vitale. Non c’è nutrimento. L’inganno però non può durare per sempre e prima o dopo si presenta una tentazione. Qualcuno (o qualcosa, la vita di solito) ci propone un patto, mettendoci fatalmente e ferocemente di fronte alla nostra integrità: cos’è più importante per te, quello che sei o quello che vuoi avere?

È in quel momento che si corre il rischio di stringere accordi che non si potranno mantenere; a volte con gli altri, deludendo ogni promessa di fedeltà, altre volte con se stessi ed è questo il pericolo più grande. Quando inganniamo noi stessi però non ce la caviamo facilmente e il nostro saggio Sé superiore (il rospo) si farà sempre vivo. Se infatti è possibile tradire se stessi, è di fatto impossibile uscirne indenni. Quando ci ostiniamo ad illuderci, il nostro vero Sé viene a galla, trova il modo di giungere al castello e reclama la nostra attenzione.

È interessante, però, scoprire che l’incantesimo si spezza non con un bacio ma con un atto di collera: è la rabbia che rivela la vera natura del ranocchio. Ed è strano che egli non ne sia sconvolto, anzi, ha “occhi ridenti”. Ma d’altronde, come spiegherà alla principessa, solo così poteva essere salvato e nessuno tranne lei poteva farlo.

Cari Cancro, il 2019 vi ricorda che voi siete gli unici a poter cambiare le cose. Nessuno, tranne voi, può fare il miracolo. È passato il tempo dell’attesa, della speranza. Questa è la vostra storia, ciò significa che voi siete l’eroe della fiaba, e come tutte le fiabe che si rispettino, il protagonista deve uscirne vittorioso. Vittorioso significa trasformato. Ciascuno di noi nasce principe o principessa, ossia con la possibilità di esprimere pienamente le proprie potenzialità, ma col tempo ce ne dimentichiamo. Voi avete il compito di diventare re e regine, di liberare il ranocchio dall’incanto manifestando la vostra vera natura, pur scaraventandolo sulla parete, se necessario. Avete l’opportunità di ribellarvi all’intralcio, l’ostacolo, l’ingombro, sia esso di origine esterna che interna. E sarà saggio riconoscere che il più delle volte il vero impedimento ce lo portiamo dentro come zavorre invisibili. Ascoltate il rospo che vi sprona a mantenere la promessa, a non tradire la vostra anima, a trasformarvi, attraverso un atto di ribellione, nel principe dai begli occhi ridenti. Allora, e solo allora, i cerchi sul cuore potranno sparire.


LEONE - La principessa sul pisello di Hans Christian Andersen

“La fiaba narra di un principe che voleva sposarsi ma era sconsolato perché nessuna principessa sembrava all’altezza. Una sera di forte tempesta, con fulmini, tuoni, e acqua a catinelle, qualcuno bussa alle porte della città, e il vecchio re va ad aprire. Fuori c’era una fanciulla che dichiara di essere figlia di un re, venuta per il principe. Vedendola trasandata e con gli abiti zuppi, il re non le crede e la invita a tornarsene al suo paese. Ma la regina decide di farla restare e sottoporla a una prova, per verificare se fosse o meno una principessa. Le prepara dunque un letto in una stanza suntuosa e, a sua insaputa, mette sul materasso un pisello, su cui poi fa posare altri 20 materassi e 20 guanciali. La mattina seguente, alla domanda su come avesse dormito, la fanciulla risponde di non aver chiuso occhio perché qualcosa nel letto l’aveva disturbata. La Regina capisce a quel punto di avere davanti a sé una vera principessa e predispone le nozze col figlio. E il pisello? È finitoin un museo, dove, se nessuno è venuto a rubarlo, lo si può ancora vedere. E, come dice la fiaba, questa è una storia vera.” (Se volete leggere la fiaba per intero: La principessa sul pisello)

Il momento di svolta nelle fiabe, come nella vita, è sempre avvolto da una crisi, da un qualche disastro: una perdita, una delusione, un pericolo. In questo caso è il tempo atmosferico: "Una sera di tempesta, con fulmini, tuoni e acqua a catinelle, qualcuno bussò, e il vecchio re andò ad aprire". Il tempo atmosferico rispecchia la condizione dell'anima. L’acqua della pioggia è un richiamo alla vita ma farsi bagnare è anche la minaccia di perdere il calore e le comodità delle nostre certezze. I tuoni sono le nostre vocine interiori, voci di dubbi e di ansie; i fulmini – intuizioni, che però, illuminando, possono rivelarci crude verità su noi stessi. È proprio allora, in quello stato di calamità naturale, che qualcuno bussa alla porta dell’anima e ci porta, spesso sotto spoglie improbabili, un dono.

Prima di tutto va detto che non è la ragione che può comprendere quel dono, infatti il Re (il maschile razionale) apre solo la porta poi si dilegua. È invece la Regina (l’intuizione femminile) che coglie un’opportunità e decide di verificare, mettendo alla prova quanto è appena giunto. L’umile ragione non è in grado di appurare l’autenticità del dono ricevuto, solo l’intuito, la fiducia e un cuore coraggioso che non indietreggi di fronte alle apparenze, possono cogliere il valore di ciò che sta accadendo.

Si sa, spesso le apparenze ingannano, soprattutto quando si tratta della vita psichica e spirituale. Il Sé Superiore, la parte saggia di noi, quella incaricata della nostra crescita, della forza interiore e del potere su noi stessi, non si presenta mai con vesti ordinarie. Non è mai prevedibile. Il suo ruolo è spiazzare la ragione per suscitare l’attenzione di qualcun altro, qualcuno capace di intuirne il mistero. Per questo si manifesta sotto false spoglie. Ecco che il potere interiore giunge allora camuffato da debolezza, indigenza, a volte frustrazione. È come se ci ponesse un quesito, un enigma da risolvere. Richiede la nostra attenzione, esige la nostra dedizione.

La logica della ragione avrebbe immediatamente chiuso la porta, anche con una certa freddezza, lasciando la ragazza in balia del maltempo. Non c’è compassione nel suo gesto, c’è indifferenza o semplice superficialità. Ma la Regina (l’anima, l’intuito) avverte qualcosa, o forse semplicemente suppone, ma sceglie comunque di mettere alla prova. Di concedere una occasione. La cosa interessante è che la prova qui non è per la fanciulla che deve dimostrare di essere una principessa, quanto per la regina, che non deve cadere nell’inganno di ciò che appare ovvio ma ovvio non è.

Voi Leoni quest’anno dovrete decidere se essere re o regine. Se chiudere la porta di fronte all’improbabile o accogliere gli imprevisti come opportunità nascoste. Dovrete scegliere che atteggiamento tenere di fronte ai temporali, se continuare ad ascoltare i tuoni rombanti o prendere coscienza di ciò che i lampi illumineranno. Dovrete stabilire se continuare ad affidarvi alla logica della ragione, che tanto può ma non tutto, o se aprirvi a intuizioni improvvise, che arriveranno come viandanti sprovvisti di documenti. Avrete poi l’occasione di capire se potete (o volete) continuare a sopportare quel piccolo pisello sotto al materasso, qualunque cosa esso rappresenti. Nell'anima tutto è enorme, è per questo che, per quanto piccolo, neanche 20 materassi riescono a neutralizzare il pisello. Quel pisello rappresenta l’inconscio che si fa sempre sentire, che ci tiene svegli la notte, parlandoci di tutti i debiti che abbiamo contratto verso noi stessi. Sono le passioni, i desideri, la strada verso casa, intendendo con casa il ritorno a sé.

Urano dal Toro vi tocca in quadratura. È lui il vostro pisello sotto il materasso, è lui l’incomodo, il disturbo. È lui che vi tiene svegli. Vi esorta a manifestare la vostra natura regale, il vostro lignaggio. Vi chiede di realizzare le fatidiche nozze. Le nozze sacre con la vostra parte ancora mancante. Non indugiate dunque, ancora troppo a lungo. Perché qualcuno sta per bussare alle porte della città e sarebbe un delitto non permettergli di entrare.


VERGINE - I musicanti di Brema, dei fratelli Grimm

“Quattro vecchi animali, un cane, un gatto, un asino e un gallo, fuggono dai rispettivi padroni che volevano sbarazzarsi di loro, e decidono di recarsi a Brema per unirsi alla banda municipale. Lungo il cammino però, in una casa in un bosco, i quattro protagonisti vedono dei briganti mangiare a una tavola imbandita e architettano un piano: l’asino poggia le sue zampe anteriori sul davanzale, il cane monta su di lui, il gatto si arrampica sul cane e il gallo si posa sulla testa del gatto. Al segnale, l'asino raglia, il cane abbaia, il gatto miagola e il gallo canta e poi rompono la finestra piombando nella stanza. I briganti, credendo di aver visto uno spettro, fuggono via spaventati. I quattro compagni mangiano ciò che è rimasto e poi vanno a dormire. Nella notte, uno dei briganti torna a controllare e nel buio inciampa nel gatto che gli salta in faccia, graffiandolo. Il cane gli morde una gamba, l’asino gli dà un calcio e il gallo urla. Allora il brigante torna dal suo capo e gli dice: "Nella casa c'è un'orribile strega che mi ha graffiato la faccia, un uomo con un coltello mi ha ferito alla gamba; un mostro nero che mi si è scagliato contro con una mazza di legno e qualcuno gridava. I briganti vanno via per sempre e la casa diventa la felice dimora dei musicanti di Brema.” (Se volete leggere la fiaba per intero: I musicanti di Brema)

Ciò che emerge immediatamente da questa fiaba è la capacità di non abbattersi di fronte alle difficoltà e di trovare soluzioni creative alle sfide. I nostri musicanti non si arrendono al loro destino, ma decidono di ribellarsi realizzando di fatto un nuovo finale per la loro storia. Ingrediente essenziale alla riuscita del piano è la collaborazione dei quattro protagonisti che, seppur diversi, uniscono le loro forze per un fine comune. Ciascuno di loro mette a disposizione le proprie capacità contribuendo alla vittoria. Nessuno, infatti, da solo, avrebbe potuto far fuggire i briganti ed è grazie alla partecipazione di tutti che riescono ad ottenere ciò che desiderano. Abbiamo, dunque, una prima lettura della fiaba che ci parla della capacità di ribellarsi, e del potere della cooperazione ma, soprattutto, dell’importanza della creatività. Tuttavia molto interessanti sono anche le emozioni che gli animali sentono: l’indignazione di essere messi da parte e svalutati, la forza di non perdersi d’animo e il coraggio per affrontare i banditi. Non ultimo però, c’è un aspetto fondamentale della fiaba che occorre sottolineare: in realtà i musicanti di Brema non raggiungeranno mai Brema, ma questo non è più importante. La vera conquista infatti, si esplica nell’essere riusciti a riscattarsi e aver ottenuto ciò che desiderano, sentirsi gratificati.

Cari Vergine, tutti, prima o dopo, accettiamo situazioni che ci concedono poco margine di scelta e diamo il passo a una situazione psichica priva di intraprendenza, lasciandoci guidare dalla parte di noi legata alla stanchezza emotiva e al senso di inadeguatezza o di inutilità. Così facendo perdiamo il contatto con la nostra parte più viva, quella creativa, che vuole emergere e corriamo un rischio gravissimo: invecchiare precocemente, perdere la nostra vitalità. E’ dunque fondamentale, come il nostro asino, rendersi conto del pericolo che si sta correndo e prendere una decisione. Avere un obiettivo, percepire e contattare i propri bisogni e i propri desideri è il primo, indispensabile, passo per attivare l’energia necessaria a soddisfare i primi e realizzare i secondi.

Quest’anno, vi invito dunque a entrare nel bosco, ossia nella parte più profonda e inconscia di voi, per appropriavi della casa, che altro non è che il vostro Sé più autentico. Ma per depositare il seme che possa germogliare non sarà sufficiente inoltrarvi nel bosco, dovrete anche affrontare e allontanare i briganti, ossia tutte quelle situazioni, esterne e interne, che vi derubano della vostra essenza e della possibilità di emergere pienamente.

Il più delle volte individuiamo gli ostacoli al di fuori, attribuendo colpe a chiunque tranne che a noi stessi. Tuttavia, io vi dico che per quante situazioni complicate noi si possa incontrare, il più grande ostacolo è sempre dentro di noi: può trattarsi della nostra incapacità di accorgerci di un pericolo, o di ammettere che stiamo correndo un rischio (il padrone vuole sbarazzarsi dell’asino); della mancanza di coraggio di allontanarci da una situazione; del nostro rifiuto a prenderci cura delle emozioni spiacevoli, la rabbia o il senso di sconfitta, che hanno il compito di allertarci quando qualcosa non va. A volte si tratta di negare le nostre aspirazioni (andare a Brema per unirsi alla banda), ma anche, dell’incapacità di riconoscere i veri alleati e di accettare il loro aiuto. Può essere l’ostinazione a non vedere le nature diverse che ci abitano (cane, gatto, gallo e asino), perché ammetterle sconvolgerebbe quella parvenza d’ordine cui siamo aggrappati, oppure continuare a ignorare il potenziale che quegli aspetti rinnegati di noi, potrebbero restituirci. Infine, il più subdolo fra tutti: non concederci di cambiare piano; tradurre il cambio di rotta come un fallimento, perdendone il vero significato. Perché, arroccati come siamo nella nostra presunzione di sapere cosa è meglio, sentiamo di dovere, costi quel che costi, raggiungere l’obiettivo iniziale anche quando questo, nel frattempo, ha perso il suo significato, incapaci di capire che se la perseveranza è un qualità, l’ostinazione è un difetto e la miopia, che ci impedisce di vedere che le cose sono cambiate, una disgrazia.

Quando tutto appare immutabile è facile scoraggiarsi e perdere la voglia di combattere; ciò conduce alla rassegnazione. La rassegnazione è spesso confusa con l’accettazione sebbene i due termini abbiano accezioni profondamente diverse. La rassegnazione infatti ha una valenza passiva, in cui io subisco il mio destino, pervaso da un senso di impotenza. Nell’accettazione invece c’è un abbrivio, un impulso iniziale che va gradualmente aumentando man mano che io, preso atto della situazione e accettato che non posso cambiarla, mi adopro per trovare una soluzione alternativa. Allora, come i Musicanti di Brema, io vi invito a trasformare la rassegnazione in accettazione, accettazione innanzitutto di voi stessi e dei vostri limiti, affinché questo possa condurvi ad accogliere anche gli eventi che non potete controllare.

Perché tutto ciò sia possibile però, sarà necessario un lavoro di concerto tra l’asino, il cane, il gatto e il gallo, ossia tra le diverse parti di voi che dovranno essere accettate e integrate affinché possano collaborare. Allora l’Asino, simbolo della stupidità, vi mette di fronte al valore dell’incoerenza e delle contraddizioni, attraverso la dicotomia saggezza/ignoranza, che vi dimostra che nulla è scontato. Il cane vi ricorda la fedeltà verso voi stessi; il gatto ammonisce sul rischio di trascurare l’istinto mentre il gallo, col suo canto, vi invita al risveglio e alla rinascita.

Ciò vi permetterà di connettervi con la vostra dimensione creativa profonda e ritrovare la fiducia in voi stessi restituendovi la libertà di cambiare idea, di essere diversi dal solito, senza che questo significhi tradire la vostra natura né tanto meno le vostre aspettative. E, soprattutto, guardare il mondo con occhi diversi, gli occhi di chi non teme più che le cose vadano per il verso sbagliato perché, come vanno vanno, avrete sempre una scelta.


BILANCIA - Tremotino, dei fratelli Grimm

“Un povero mugnaio per mettersi in mostra dice al re di avere una figlia bellissima capace di filare la paglia trasformandola in oro. Il re, incredulo, chiede che la fanciulla sia messa alla prova e la conduce in una stanza piena di paglia da trasformare in una sola notte. Di fronte al compito impossibile, la ragazza piange disperata. Compare allora un ometto che le dice di poterla aiutare a patto che gli dia qualcosa in cambio, lei accetta dandogli la sua collana. Il mattino seguente, tutta la paglia è trasformata in oro. Alla vista dell’oro, il re ne chiede ancora e la ragazza fa di nuovo un patto con lo strano ometto dandogli il suo anello. Per la terza volta, il re sottopone la ragazza alla medesima prova ed a quel punto l’ometto, per tirarla fuori dai guai, pretende il suo futuro primogenito. La fanciulla, ingenuamente, accetta lo scambio, diventa regina e dopo un anno partorisce un bel bambino. Ma quando l’omino le chiede di onorare il patto, lei non vuole separarsi da suo figlio e lui gli propone un altro accordo: potrà tenere il bambino se lei riuscirà a indovinare il suo nome: “Hai tre giorni di tempo” le dice. La regina prova invano con tutti i nomi che conosce, e disperata invia un messo nelle sue terre, a domandare in lungo e in largo altri nomi possibili. Allo scoccare del terzo giorno, grazie a un colpo di fortuna, il messaggero scopre il nome del nano. Così quando la regina pronuncia il suo nome, il nano Tremotino scoperto e vinto, si spacca in due e muore.” (Se volete leggere la fiaba per intero: Tremotino)

Questa fiaba indica con molta precisione e con rara efficacia la necessità della consapevolezza psicologica, come unico strumento per superare i problemi e togliersi, come in questo caso, dai guai. Il racconto prende le mosse da un padre che, per vanità, mette la figlia in una situazione impossibile, superiore alle sue capacità. Quanto spesso, anche noi, ci poniamo in simili condizioni? Quante volte avalliamo la nostra tendenza al perfezionismo, alla forma, prefiggendoci traguardi al di sopra delle nostre forze? Quanti patti invisibili stringiamo con noi stessi per la smania di stupire, ottenere approvazione, mantenere un’immagine di noi inattaccabile? Ma il prezzo nascosto della loro riuscita è sempre altissimo: la rinuncia ad alcune cose molto preziose (la collana, l’anello). Infatti il più delle volte, per tenere fede al patto segreto, dobbiamo dedicare le nostre energie migliori, e i successi sono conseguiti a discapito della parte più intima e profonda di noi stessi (il bambino). E allora il successo non realizza, lascia indifferenti, svuotati persino. Perché quello che si sta vivendo è, di fatto, un ricatto nel quale barattiamo qualcosa non comprendendo il valore di quello che stiamo promettendo in cambio: la nostra identità, i nostri desideri, il nostro progetto interiore.

Cari Bilancia, questa fiaba vi dice che per sbarazzarvi del nemico, bisogna conoscere il suo nome. Per liberarvi dalle pretese dell’omino ricattatore è necessario smascherarlo. Quando si sta male, infatti, è essenziale capire qual è il problema, dargli, appunto, un nome. È indispensabile conseguire la conoscenza della parte corrotta di voi che, come il nano della fiaba, impone le sue condizioni e, in cambio di effimere gratificazioni, esige un prezzo altissimo. Allora, conoscere le vostre dinamiche inconsce, dar loro un nome, significa diventare consapevoli delle vostre debolezze, inclusi quegli aspetti meno onorevoli che vi appartengono, e trattenerle dal dettare legge, sospendendo finalmente la loro tirannia. Il loro potere è, infatti, mantenuto nella misura in cui agiscono sotto il velo della consapevolezza. Fino a che rimangono sconosciute, vagamente avvertite ma mai portate alla luce (non battezzate), esse esercitano un grande potere psicologico che può determinare le vostre scelte, condizionando le relazioni e indirizzando i traguardi della vostra vita.

Nel 2019 potrete spezzare l’incantesimo, cessare di essere succubi di dinamiche psicologiche poco autentiche e illuminare, riconoscere e nominare tutto quello che ancora tenete all’oscuro, al fine di renderlo inoffensivo, perché tale è l’effetto della verità: rende possibile liberarsi dalle proprie schiavitù.

Dunque, non esitate, avvaletevi della vista di Giove per esaminare le vostre paure. Scendete nel regno di Plutone col coraggio che il re dell’Olimpo vi offre; servitevi della struttura di Saturno per rimanere saldi e indomiti di fronte alle intemperie e inviate messi in lungo e in largo, affinché ritornino con la risposta che state cercando.

Ringrazio Osvaldo Poli per il suo articolo su questa fiaba che qui cito in più parti.


SCORPIONE - La piccola fiammiferaia, di Hans Christian Andersen

“Una bambina molto povera, l’ultima sera dell’anno, costretta dal padre severo, cerca di vendere dei fiammiferi. Nel freddo e nel buio, scalza e a capo scoperto, la bambina cammina per la strada. Non osa tornare a casa senza aver finito tutti i fiammiferi per paura di essere picchiata. Per tutto il giorno non è riuscita a vendere nulla; è affamata e avvilita. Così, seduta in terra, con le mani quasi congelate, decide di accendere un fiammifero. Ne prende uno, e lo sfrega contro il muro. Un bagliore tenue e caldo appare come una candela e lei, all’esile chiarore di quella piccola fiamma immagina di trovarsi seduta davanti a una stufa. Ma in un attimo il fiammifero si spegne. Così comincia ad accenderli uno dietro l’altro, e ogni volta che ne accende uno vede nella sua immaginazione le cose che ha sempre sognato: cibo gustoso e vestiti caldi. Ma quando prova a toccare le cose che vede, il fiammifero si spegne e l’incantesimo scompare. Alla luce dell’ultimo fiammifero, distingue la sua amata nonna defunta che la porta via con sé. La bambina viene ritrovata il mattino seguente in quell'angolo di strada, morta di freddo, circondata da fiammiferi mezzo bruciacchiati.” (Se volete leggere la fiaba per intero: La piccola fiammiferaia)

La protagonista di questa triste fiaba è una ragazzina che vive tra persone che non si curano di lei e che, mancando di qualunque attenzione alle sue necessità e alle sue potenzialità, la lasciano da sola al buio e al freddo. Nel tentativo vano di portare a termine ciò che le è stato ordinato, ella tenta di riscaldarsi come può, sprecando, di fatto, l’unica risorsa che ha. Incapace di comprendere la futilità del suo gesto, si accontenta di un fuoco effimero, scelta che di fatto si rivelerà fatale. La fiaba si conclude in verità dicendo che ella viene ritrovata con le guance rosse e il sorriso sulle labbra, a intendere che è morta felice, tra le braccia della nonna, ‘nella gioia dell’anno nuovo’. Ma questa è solo un’illusione.

Questa fiaba ci parla piuttosto del pericolo di circondarsi di persone che non ci sostengono o che addirittura ostacolano i nostri progetti, la nostra arte, la nostra vita. La mancanza di sostegno può raffreddare pericolosamente la psiche e congelarci nell’angoscia, nel senso di inutilità o nella collera. A volte, al posto dell’indifferenza o del giudizio, riceviamo uno sterile conforto, che in nessun modo contribuisce a darci nutrimento (o calore). Qual è la differenza tra conforto e nutrimento? Se a una pianta che mostra segni di sofferenza perché posta in un luogo buio noi rivolgiamo parole dolci senza trovarle una sistemazione più adeguata, questo è conforto. Se la portiamo alla luce, dandole acqua, questo è nutrimento.

Cari Scorpioni, se doveste accorgervi di trovarvi tra persone che non si curano di voi, che non vi sostengono, che trascurano di darvi acqua e luce, forse è giunto il momento di valutare se allontanarvi. Acqua e luce è vostro compito procurarvele ma per farlo è necessario spostarsi. Se chi vi circonda vi impedisce di fiorire, ribellatevi. Non sprecate i vostri fiammiferi crogiolandovi nella fantasia che qualcosa di buono prima o poi accadrà, non vestite di stracci. Toglietevi dal gelo e muovetevi verso il sole, verso luoghi, situazioni, persone in grado di sostenervi della vostra fioritura.

Come la piccola fiammiferaia, quando siamo congelati nella psiche, quando la vita creativa si spegne lentamente, tendiamo a elaborare sogni ad occhi aperti sul “come sarebbe se”, ma queste fantasie sono letali perché, proprio come la protagonista, ci ottundono e ci bloccano in situazioni compromettenti che prima o poi ci sopraffanno. È così, che senza neanche accorgercene entriamo in un sonno prolungato e la nostra creatività si affievolisce poco a poco (proprio come i fiammiferi) fino a estinguersi.

La piccola fiammiferaia si dedica a un commercio insensato, poiché vende l’unica cosa che potrebbe tenerla al caldo. Vaga per le strade e prega i passanti di comprarle i fiammiferi: offre la luce a poco prezzo. Prega che qualcuno acquisti un grandissimo valore in cambio di una modestissima ricompensa (un penny). Ma vendere un valore in cambio di poco produce un solo terribile effetto: un’ulteriore perdita di energia. La protagonista della nostra fiaba decide di accendere i fiammiferi, usa le sue risorse per fantasticare invece che per agire. Usa la sua energia per qualcosa di effimero. E questo è ciò che accade quando, affascinati da mille sogni, non ci preoccupiamo di agire per realizzarli.

È in queste condizioni che appare la ‘nonna affettuosa e gentile’, un pericolo mortale, l’ottundimento che trascina la bimba dal sonno alla morte. Un sonno che simboleggia la compiacenza con cui tendiamo a dirci che va tutto bene, che possiamo sopportare, che non è grave, che c’è ancora tempo (un altro fiammifero da accendere contro il freddo). È il torpore della fantasia nociva in cui speriamo che ogni pena magicamente sparirà.

Voi, quest’anno, potete smettere di sperare, non per rassegnarvi, al contrario, per andare alla ricerca delle condizioni che possano far fiorire la vostra vita creativa e portare le vostre risorse là dove possano essere accolte e sostenute. Non cedete al gelo della notte, al bisogno e all’avvilimento. Non vi lasciate incantare da fuochi fatui. Custodite i vostri tesori, le vostre preziose risorse - i fiammiferi - con cura. Essi rappresentano la fiamma della creatività, la vostra luce interiore e con essa potrete scaldarvi per sempre se solo saprete coltivarla. Quest’anno le vostre possibilità si moltiplicano, c’è ricchezza, abbondanza ma solo a patto di non svendervi. Se accettate di cedere a poco prezzo ciò che per voi è prezioso, allora anche gli altri ne sminuiranno il valore. Sappiate onorare i vostri doni, le vostre capacità, convincendovi di poter puntare molto più in alto. C’è un traguardo che vi attende e non lo raggiungerete rimanendo lì seduti a consumare fiammiferi.

La lettura di questa fiaba deve molto a Donne che corrono coi lupi, di C.P. Estes


SAGITTARIO - I desideri ridicoli di Charles Perrault

“Un povero boscaiolo, stanco della sua vita faticosa, si lamenta della sua triste sorte. Un giorno, mentre si lagnava nel bosco, ecco apparirgli Giove in persona. I tuoi lamenti mi hanno talmente commosso - gli dice il Dio dell’Olimpo - che vengo a dimostrati che hai torto. Ti prometto di esaudire i primi tre desideri che tu formulerai su qualsiasi soggetto. L’uomo torna a casa e si consiglia con la moglie sul da farsi, la quale gli suggerisce di non essere precipitoso, correndo il rischio di sciupare l’occasione avuta, e così decidono di rinviare al giorno dopo la scelta dei desideri da esprimere. Sfortunatamente, l’uomo, senza accorgersi, mentre si riposa presso il fuoco del camino, dice che vorrebbe tanto poter mangiare una salsiccia e subito la salsiccia compare. La moglie a quel punto comincia a inveire contro di lui che, così stupidamente, ha sprecato uno dei desideri. Il boscaiolo, irritato, reagisce, e nella collera augura che la salsiccia si attacchi al naso della donna. Eccolo subito accontentato. Ora, anche se ottenesse di diventare re, come farebbe a presentarsi sul trono con la moglie deturpata in quel modo? Decide di consultarla in proposito affinché scelga lei stessa il suo destino, ma la donna, per quanto bramosa, preferisce un bel naso che diventare una regina brutta. Così, con l'ultimo desiderio a disposizione, il boscaiolo chiede a Giove che lei ritorni come era e la vita di entrambi rimane invariata. La fiaba si conclude con un monito: Tanto è vero che non tocca agli uomini, miseri come sono, ciechi, imprudenti, malevoli, formar dei desideri; e che pochi fra essi son capaci di ben giovarsi dei doni largiti loro dal cielo.” (Se volete leggere la fiaba per intero: I desideri ridicoli)

Cari Sagittario, quest’anno anche voi incontrerete Giove nel bosco (sempre che siate disposti ad andarci nel bosco) ma la domanda è: saprete cosa chiedergli? Questo è il punto. C’è un famoso detto che dice, attento a ciò che desideri perché potresti ottenerlo, che a mio avviso ha molto a che fare con la responsabilità. Siamo abituati a desiderare la felicità, la fortuna, l’amore, come se questi fossero concetti astratti. Ma la felicità non è una nozione ideale e intangibile, è un attitudine interiore, una disponibilità a che le cose accadano. Certo, le circostanze aiutano, o ostacolano, a seconda dei casi, ma non sono l’unico ingrediente. L’ingrediente principe affinché i desideri si avverino è la nostra disposizione ad assumerci la responsabilità e i rischi della loro realizzazione. Il boscaiolo non fa che lamentarsi ma quando gli viene data l’opportunità di cambiare la sua vita, se la prende comoda, forse per troppa prudenza ma più probabilmente per avidità, per il timore di chiedere ‘troppo poco’. Eppure, allo stesso tempo, sottovaluta scioccamente l’occasione offertagli e con imperdonabile leggerezza, spreca il suo dono, prima per gola, poi per collera, guarda caso due vizi capitali.

Il finale della fiaba ci fa intendere che gli uomini, miseri, ciechi e imprudenti, non sono degni di desiderare; non è loro compito perché non ne sono capaci. Io credo invece che sia nostro compito proprio imparare a desiderare, ossia smettere di delegare il nostro destino, la nostra fortuna al di fuori di noi, a un Dio benevolo (o malevolo), ai transiti dei pianeti, agli uomini che ci governano o al caso (favorevole o avverso che sia).

La storia del boscaiolo ci ricorda piuttosto che quando abbiamo un’opportunità, sotto qualunque veste si manifesti, abbiamo il dovere di onorarla assumendoci la responsabilità di scegliere cosa farne perché, come dice Ben Parker a Spider man: «Da un grande potere derivano grandi responsabilità.» Poter esprimere tre desideri è un potere enorme e come tale non può essere mosso dall’ingordigia o dall’avidità, perché questo equivale a disonorare il dono ricevuto e ci conduce, inevitabilmente, alla disfatta, intendendo con disfatta che, come nella fiaba, tutto resta invariato.

Cari Sagittari, Giove vi attende nel bosco ma se la vostra speranza è che sistemi tutto magicamente allora siete tanto ingenui quanto il nostro boscaiolo. Se c’è una cosa che appare evidente in questa fiaba è che nessuno può cambiare la propria vita senza mettere in campo una volontà personale, anche semplicemente esprimendo un desiderio (ma la fiaba ci insegna che esprimere un desiderio non è scontato come sembra): è qui il punto focale del racconto. Giove avrebbe potuto semplicemente cambiare la vita dell’uomo in meglio, per esempio rendendolo ricco, invece gli affida un compito, gli delega la responsabilità del suo destino: io eseguo ciò che tu vorrai, ma sarai tu a scegliere. Hai tre desideri. Perché lo fa? Proprio per dimostrare a l’uomo che è facile lamentarsi ma molto meno facile prendere in mano la propria vita.

So per certo che alcuni di voi hanno motivi seri per lamentarsi, vere e proprie sofferenze. Ma il cuore di questa fiaba è che oltre la fatica, il dolore, la povertà, arriverà sempre qualcuno commosso dalle vostre doglianze ad offrirvi un dono. Come e dove questo qualcuno si presenterà è difficile prevederlo. Se voi sarete pronti ad accoglierlo, ancora meno. Ma certamente, se non vi assumerete la responsabilità del cambiamento e del desiderio, se rimarrete incantati nell’idea che sia qualcun altro (la vita, dio, le stelle) ad avere la responsabilità di ciò che vi accade o non vi accade, allora la risposta è no: non sarete pronti.

Se invece, come in ogni fiaba che si rispetti, saprete affrontare e superare le peripezie lungo il cammino, le difficili prove che la vita vi ha posto nell’ultimo anno, allora potrete sfruttare l’opportunità che Giove vi prospetta, al meglio delle sue potenzialità, facendo dei tre desideri la chiave della vostra riuscita.

Ciò che è indispensabile – e al contempo arduo – è capire che la fortuna non si presenta quasi mai sotto vesti scontate è quindi vostro compito riuscire a trovare il modo di trasformare ciò che appare in ciò che è. Nelle fiabe, il destino dei protagonisti si svolge sempre tra colpi di scena e imprevisti ma, a differenza del boscaiolo, l’eroe della fiaba non manca di cogliere l’occasione e fa degli eventi una risorsa e un insegnamento, e – alla fine – conquista sempre il trono, l’amata, il regno.

L’eroe della fiaba non indietreggia di fronte al destino avverso, forse perché sa in cuor suo che non esiste un destino avverso, esiste solo quel che è e, con quel che è si può costruire sempre quel che vogliamo che sia. Basta solo avere fiducia e continuare a fare del proprio meglio.

Allora io vi auguro che i vostri tre desideri quest’anno siano la serenità di accettare le cose che non potete cambiare, il coraggio di cambiare le cose che potete cambiare e la saggezza per riconoscere la differenza.



CAPRICORNO - Il pifferaio di Hamelin (o pifferaio magico) dei fratelli Grimm

“Nel paese di Hamelin, i cui abitanti avevano cacciato tutti i gatti perché ‘qualcosina costavano’ ci fu un’invasione di topi. I cittadini si riunirono in piazza per chiedere al sindaco una soluzione, ma questi non sapeva cosa fare. In quel momento, bussò alla sua porta un buffo personaggio vestito da giullare. Egli promise che avrebbe disinfestato la città grazie alla musica del suo flauto, che era in grado di condurre con sé oggetti, animali e uomini. Il sindaco accettò, promettendogli una ricompensa. Allora il pifferaio cominciò a suonare una dolce melodia e tutti i topi lo seguirono fino al fiume dove annegarono. Il pifferaio andò dal sindaco a chiedere il compenso, ma questi, d’accordo con tutti i cittadini, finse di non conoscerlo. Allora il pifferaio andò in piazza e cominciò a suonare un'altra melodia e tutti i bambini di Hamelin cominciarono a seguirlo fino a una grande montagna. Qui si aprì una porta. Tutti i bambini entrarono e nessuno dei bimbi fece più ritorno.” ((Se volete leggere la fiaba per intero: Il pifferaio magico)

Questa è la versione originale della fiaba ma, come spesso accade, nelle varianti moderne il finale è edulcorato e i bimbi fanno ritorno, grazie a uno di loro che era rimasto indietro. Attenendoci alla fiaba originale, la domanda nasce spontanea: che senso ha una fiaba senza un lieto fine? Se questa storia fosse stata tramandata come favola, siccome le favole si concludono con la morale, il senso sarebbe chiaro. Per avarizia i cittadini di Hamelin avevano cacciato i gatti e rifiutato di pagare il pifferaio, la morale sarebbe dunque: l’avidità si paga caramente.

Ma questa non è una favola, è piuttosto una fiaba e le fiabe non hanno morali. Con una morale sarebbe facile prendere le distanze, sarebbe facile condannare l’avarizia che diventa disonestà e porta a perdere i bambini. Senza morale prendere le distanze è più difficile. Ma questo è il compito delle fiabe. Nell’immagine dei bambini che danzano dietro al pifferaio c’è come un’indicazione. Non è chiaro cosa sia, ma è come un monito di cui sentiamo di dover tener conto. Perché si segue il pifferaio?

Ad Hamelin tutto comincia con la cacciata dei gatti perché ‘qualcosina costavano'. Possiamo dunque chiederci: quand’è che anche noi rinunciamo perché “qualcosina costa”? Magari non in termini di denaro, ma di tempo, energie o dipendenza, perché fare quello che vogliamo significherebbe scontentare qualcuno che potrebbe allontanarsi. O perché, più subdolamente, non vogliamo rinunciare all’immagine che abbiamo di noi. Quante volte, in silenzio, ci diciamo: “posso farne a meno”, e rinunciamo per carenza di fiducia, di merito, di legittimazione esterna? Ma la rinuncia è sempre pericolosa; basta poco, infatti, perché le condizioni cambino e le rinunce risultino inutili. E’ allora che si presentano l’amarezza, il dubbio, lo sconforto. La rabbia, se siamo fortunati. Più sono le rinunce più aumentano i pensieri che rodono, come i topi! Ed è per via dei troppi topi che poi c’è bisogno di un pifferaio.

Ecco dunque entrare in scena il nostro giullare, l’incantatore, quell’evento, occasione, persona che ci profila una soluzione. A questo punto, cari Capricorno, due sono le possibilità: potete interpretare il ruolo dei topi e seguire il pifferaio magico per accorgervi, solo troppo tardi, che vi state perdendo. In questa lettura della fiaba, correte il rischio di farvi ammaliare, allontanandovi dalla vostra natura, tradendo una promessa fatta, principalmente a voi stessi, nell’illusione sconsiderata, di trovare sollievo da qualche altra parte. Qui, il prezzo da pagare è altissimo, rischiate di perdere la vostra integrità e la vostra innocenza (i bambini).

Nel secondo caso, il pifferaio rappresenta il grande risvegliatore, un personaggio giusto ma anche impietoso. È interessante infatti riflettere su come la giustizia nulla abbia a che fare con la bontà. Egli, se infrangerete il patto, sarà implacabile. È dunque essenziale, essere onesti e mantenere le promesse fatte (a voi stessi) per ritrovare la vostra interezza, e far si che i bambini tornino a casa.

Nulla di tutto ciò sarà possibile senza rinunciare a qualcosa. Ma qui nella rinuncia, a differenza dell’inizio dove tutto ha avuto origine, non c’è possibilità di rimpianto. Non nasce, infatti, dall’incapacità, dal difetto, da una sottrazione codarda. Ora la rinuncia prende la mosse dal sacrificio, nel suo significato più nobile: ‘rendere sacro’ (sacrum - ficare, fare sacro) e rappresenta la capacità di offrire qualcosa, in cambio di una promessa di libertà.

Allora quest’anno vi si offrono due strade, quella battuta, famigliare, della privazione mesta e amareggiata, e quella sconosciuta, luminosa ma impervia, la cui fine non è nota perché celata dalle curve. Qui è l’insegnamento: capire che non conta l’arrivo, conta la motivazione per la quale scegliete. Quale musica volete seguire? Quella che ottunde e anestetizza qualunque cosa ci sia da placare, o quella che risveglia il senso di ciò che siete e la speranza, che è una promessa, di ciò che potete diventare?

Il richiamo sarà forte e durerà a lungo. Come sempre per alcuni prima, per altri dopo, perché si sa, i pianeti impiegano un tempo per compiere il loro percorso. Ma occorre che siate preparati a questa scelta. Occorre che riconosciate la musica che ottenebra la mente. Come? Mi chiederete voi. È facile: tutto ciò che vi allontana da voi stessi è quella musica. Qualunque cosa che non vi accenda una scintilla, è quella musica. Ogni istante in cui sentite di spegnervi un po’ risponde a quella musica. Il vostro compito è quello di diventare voi stessi il magico pifferaio e far si che tutta la vostra vita risponda al vostro canto, ma dovrete corrispondere il prezzo pattuito, perché qualunque esso sia, ne varrà sempre la pena. Solo a queste condizioni i bambini saranno salvi.

Ringrazio il sito lefiabesanno.com per gli spunti e le ispirazioni per l'analisi di questa fiaba.


ACQUARIO - La regina della api, dei fratelli Grimm

“C’erano una volte tre principi, due di loro se ne andarono in cerca di avventure e finirono col menare una tale vita dissoluta che non fecero più ritorno. Il terzo, che era chiamato lo Sciocchino, andò in cerca dei fratelli, ma quando li trovò essi lo presero in giro perché egli, con la sua dabbenaggine, voleva riuscire dove loro avevano fallito. Tutti e tre si misero in cammino e giunsero prima a un formicaio, poi a un lago pieno di anatre e infine a un alveare. In tutte e tre le occasioni i due fratelli maggiori volevano nuocere agli animali, per accaparrarsi le uova delle formiche, arrostire le anatre e prendere il miele delle api, ma tutte le volte lo Sciocchino impedì loro di far male alle povere creature. I tre fratelli arrivarono a un castello in cui non v’era traccia di anima viva ma solo cavalli di pietra. Giunsero a una porta con tre serrature: in mezzo alla porta c'era uno spioncino attraverso il quale si poteva vedere un omino grigio seduto a un tavolo. Lo chiamarono ed egli, senza dire una parola li rifocillò e li condusse in una stanza dove riposare. Il mattino seguente, l’omino andò dal maggiore e gli mostrò una lapide con su scritto tre imprese da portare a termine. La prima consisteva nel cercare, sotto il muschio nel bosco, mille perle. Se al tramonto ne fosse mancata solo una il principe si sarebbe trasformato in pietra. E così accadde. Il giorno successivo, fu il turno del secondo che non ebbe più fortuna e si tramutò anch’egli in pietra. Il terzo giorno toccò allo Sciocchino che disperato si mise a piangere. Ma a quel punto arrivarono le formiche che aveva salvato e che si misero a lavoro trovando tutte le perle. Il secondo compito consisteva nel ripescare dal lago una chiave e le anatre che aveva sottratto alla morte, ripescarono per lui la chiave sul fondo. Nella terza impresa, in cui doveva riconoscere quale tra tre principesse avesse mangiato del miele, lo sciocchino fu aiutato dalle api. Fu così che ogni cosa fu liberata dal sonno e chi era di pietra riacquistò la forma umana e i tre fratelli sposarono le tre principesse.” (Se volete leggere la fiaba per intero: La regine delle api)

L’ape regina è una fiaba meno nota dei fratelli Grimm ma densa di significati perché ci parla dell’integrazione di tutte le parti della nostra natura, istinto, ragione ed emozioni. Sembra dirci che la testa, senza il cuore, è poca cosa. Di più, sembra dirci che la testa, da sola, può portare alla disfatta e tramutarci in pietra.

Cari Acquario, voi siete i principi della ragione, la mente è la vostra eccellenza ma di fronte a voi, nello zodiaco, si trova il Leone, segno del cuore per antonomasia. Egli è lì per ricordarvi qualcosa, come un monito. I due fratelli mancano completamente di umanità e si affidano soltanto alla testa, denigrando Sciocchino perché non è intelligente. Privi di cuore, non sanno tener conto del mondo che li circonda, e la mancanza di compassione li induce alla crudeltà. Sciocchino invece, si affida all’intuizione e grazie a un sentimento di umanità impedisce ai fratelli di arrecare danno alle povere bestiole. Sentimento e istinto lo salveranno.

La fiaba ci ricorda che solo quando la natura istintiva (che induce Sciocchino a proteggere gli animali) viene totalmente accettata e integrata possiamo divenire essere umani completi e comprendere che quella parte a lungo rimossa è una risorsa vitale su cui fare affidamento.

Non vi sto invitando ad assoggettarvi alla parte istintiva della vostra natura, ma vi chiedo di riconoscerla e rispettarla, perché quando non onoriamo tutte le parti di noi, esse ci danno battaglia, facendoci perdere la strada, come i principi che non fanno più ritorno. Quest’anno potreste ricevere innumerevoli intuizioni e le intuizioni, per loro natura, poco hanno a che fare con la logica razionale. A dire che anche ciò potrebbe apparire illogico (Sempliciotto che riesce laddove i fratelli hanno fallito), può avere un senso, una logica sottesa diversa da quella evidente.

I due fratelli, insensibili a tutto tranne che ai loro desideri, vengono tramutati in pietra, simbolo della mancanza di una vera umanità. D’altro canto, anche Sempliciotto, inizialmente, si dimostra incapace di soddisfare le esigenze della realtà, simboleggiate dagli incarichi che gli vengono assegnati. È solo grazie agli animali che porterà a termine le tre prove. La fiaba ci rivela dunque che solamente conquistando una personalità integrata, si possono realizzare imprese simili a miracoli. La personalità integrata qui si manifesta negli elementi simboleggiati dagli animali che lui protegge: la terra delle formiche, l’acqua della anatre e l’aria delle api, ossia l’istinto, le emozioni e l’intelletto. A dire che solo la cooperazione di tutti gli aspetti della nostra natura conduce al successo impedendoci di perdere la strada, ossia il nostro progetto evolutivo.

Quest’anno vi invito allora a non perdervi lungo il cammino, a perseguire la vostra strada, il vostro progetto. Ma, come ogni strada che si rispetti, deve avere un cuore. Allora, come dice Don Juan, domandatevi: questa strada ha un cuore? E’ l’unico interrogativo che conta. Se ce l’ha, allora è una buona strada. Se non ce l’ha, è da scartare. Guardate ogni strada attentamente e deliberatamente; tutte le strade sono uguali, non conducono in nessun posto. Perciò dovete sempre tenere presente che una via è soltanto una via, una tra un milione di strade possibili. Se sentite di non doverla seguire, non siete obbligati a farlo, in nessun caso. Non è un affronto a voi stessi o ad altri abbandonarla. Ma se sentite che ha un cuore, allora non abbiate paura. Forse non sarà la più logica, o la più sensata. Forse non è la più intelligente, la più furba o la più veloce, ma sarà la più semplice da seguire perché amarla non vi costerà fatica. E se saprete proteggere i vostri istinti dalla crudele freddezza dei fratelli intelligenti, accettando di piangere nei momenti di sconforto; se saprete immergervi, come le papere, nella profondità delle acque, lasciando all’ape regina (il cuore) di indicarvi la scelta corretta, allora non una ma mille strade vi si apriranno e voi saprete sempre dove trovare il vostro cuore.

Ringrazio Lidia Fassio per il suo studio su questa fiaba che è stata fonte di ispirazione.


PESCI - Hansel e Gretel, dei fratelli Grimm

“Stremati dalla carestia, due genitori decidono di disfarsi dei propri figli. La madre, fredda e calcolatrice, è la più determinata nell’esaminare la situazione e propende per l’abbandono dei piccoli, tanto che il padre non riesce a far prevalere le sue obiezioni morali. Per ben due volte i bambini vengono abbandonati nel bosco: nella prima occasione ritrovano il sentiero ma la seconda sembrano spacciati perché alcuni uccelli divorano le briciole lasciate per ritrovare la strada. A un certo punto scorgono una casa di marzapane e, affamati, la addentano avidamente. Mentre stanno mangiando esce la padrona di casa, una terribile strega, che per punirli mette Hansel in gabbia e usa Gretel come schiava in attesa di renderli abbastanza grassi per poterli mangiare. Ma i due fratelli si ingegnano per ingannare la strega: Hansel gli porge un osso per farle intendere che è ancora troppo magro e Gretel, con uno stratagemma, riesce a sbatterla dentro al forno al posto del fratello. E’ così che i due bambini fanno ritorno a casa.” (Se volete leggere la fiaba per intero: Hansel e Gretel)

Qui terminava la versione originaria della storia, con i fratelli che tornano a casa con i gioielli appartenuti alla strega. Ma in un’edizione successiva, Wilhelm Grimm inserisce un nuovo finale, un intervento esterno, il consueto evento imprevisto e miracoloso. Ecco che si inventa un fiume ampio e profondo che sbarra la strada di ritorno. Per solcarlo i bambini hanno bisogno dell’aiuto di un’anatra bianca che chiamano a sé con una filastrocca. Gretel per non gravare di troppo peso l’animale dice ad Hansel che andranno uno alla volta. 

Il fatto più importante di questa fiaba, è che alla fine della narrazione i due bambini non sono gli stessi che erano all’inizio della storia. Per riuscire a sopravvivere, devono infatti far di tutto, ingegnarsi e vincere le loro paure diventando indipendenti e fiduciosi in se stessi. Nel nuovo finale, Gretel addirittura, che ha superato le sue prove, dimostra maturità e altruismo, mettendo la solidarietà con la natura, prima ancora della paura e del bisogno, a conferma che la vera crescita è andare al di là dell’io, e un fatto imprevedibile può essere un dono del destino che mette in moto una nuova consapevolezza di se stessi e del mondo.

Cari Pesci, ecco io mio invito per il 2019: andate nel bosco e cominciate la vostra esplorazione ma attenzione, l’istinto non basterà. Quando manca la capacità di discriminazione della mente si rischia di non sapere organizzare le potenzialità interne, finendo per smarrirsi.

La casa di marzapane è chiaramente un abbaglio, una seduzione che fa appello al bisogno (i bambini erano stremati dalla fame) ma che indica anche, chiaramente, il rischio che si corre quando ci si lascia sedurre dalle cose che appaiono troppo facili. Per raggiungere i vostri obiettivi, per compiere il vostro viaggio è indispensabile rinunciare al ‘principio del piacere’ che spesso vi porta fuori rotta. Illudervi di poter indugiare ancora nella simbiosi e nella dipendenza significa agire a scapito della vita psichica. A questo proposito la favola è inequivocabile. Se non si comincia ad usare la parte razionale, le forze dell’istinto e il bisogno di dipendere possono mostrarsi particolarmente distruttivi, conducendo all’inevitabile regressione che, per la psiche, è simile all’annientamento. La morte psichica è la non autonomia che rende fragili senza un autentico sviluppo delle proprie forze.

Ma la casa della tentazione è anche la casa del riscatto, il luogo in cui si mettono in moto risorse superiori all’istinto. E infatti ambedue i fratelli ne usciranno grazie all’ingegno. E’ questo che vi invito a fare, a usare l’ingegno non a discapito ma a sostegno delle emozioni e dei sensi, affinché le intuizioni che arrivano dall’altrove possano organizzarsi in qualcosa di concreto, che vi permetta di ingannare la strega e tornare con un tesoro. Questa fiaba è un chiaro esempio di come le risorse razionali possano venire in soccorso organizzando insieme le altre parti (emozioni e intuito). Allora, cari Pesci, sviluppate astuzia e coraggio e mettete a punto una strategia che vi porti al successo.

Le fiabe ci fanno comprendere che le prove non sono altro che possibilità. Né Hansel né Gretel perdono tempo a lamentarsi. Si danno da fare dimostrando che anche nelle situazioni apparentemente disperate c’è sempre una via d’uscita. Anche nella vita reale è così: le prove, le difficoltà, i così detti transiti negativi, sono in realtà una vera opportunità per contattare nuove risorse che sono pronte ad emergere; sono ‘sventure provvidenziali’ che ci mettono di fronte al nostro destino.

Dunque, addentratevi nel bosco, e se volete lasciarvi dietro briciole di pane, fatelo, ma non è detto che le ritroverete; è proprio questo il punto: non avrà importanza. Il viaggio stesso infatti cambierà il vostro destino e non avrete più bisogno dell’ausilio delle briciole. Cambiando voi, cambierà anche il cammino e un’altra strada vi si paleserà per fare ritorno a casa. Sappiate che qualunque seduzione ha un prezzo e dovete assicurarvi di essere disposti a pagarlo, perché quando manca la capacità di discriminazione c’è sempre una strega pronta a divorarvi. E allora, dovrete sapervi ingegnare, trovare lo stratagemma che è la prova che siete finalmente diventati adulti, non più preda dei bisogni, bloccati in situazioni difficili. Adulti che sanno comprendere i pericoli e la seduzione offerti dalla regressione, dal richiamo alla simbiosi e dal caldo conforto della dipendenza. Adulti capaci di dare inizio a una nuova fase della vostra vita. Capaci di richiamare a voi l’anatra per attraversare il fiume ma anche di tirarvi indietro e di aspettare, se necessario. Adulti in grado di superare la logica fredda del calcolo e della misura (quella di una madre che di fronte all’estrema indigenza non interroga il cuore ma stabilisce con freddezza una sottrazione) che sanno che un percorso di maturazione e crescita personale non può prescindere dall’amore reciproco. Adulti col cuore allargato che scoprono di saper fare autonomamente quello che sembrava impossibile.
Trovate la vostra filastrocca. Attraversate il fiume.

Un grazie al blog Vocisullaluna e a Lidia Fassio, per l’ispirazione e il contributo all'analisi di questa fiaba.

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