Piccolo manuale del buon astrologo

Nel consulto astrologico, il consultante, ossia l’astrologo, può incorrere in tutta una serie di ‘errori’, dovuti alla natura umana ma circoscrivibili e neutralizzabili da una buona preparazione nel counseling.

Ecco alcuni degli atteggiamenti non autentici che l’astrologo dovrà tenere presente:

- I deficit nella percezione emozionale del consultante che spesso procurano frustrazione nel consulente che può tendere a ritirarsi. In questo caso il soggetto deve ancora lavorare sul proprio bisogno di riconoscimento che rischia di diventare preminente nei confronti dell’altra persona.

- Il bisogno del consultante di avere un modello – cosa che può lusingare il consulente che ha ancora bisogno di accettazione ed apprezzamento. Questo può indurre un comportamento falso poiché si preferisce non deludere l’interlocutore con un vero contatto.

- Il bisogno del consultante di dipendere affettivamente: l’insicurezza del consultante fa sì che si aggrappi a qualcuno pur di non trovarsi solo con i suoi problemi: Questo può enfatizzare il lato protettivo e la parte bisognosa del consulente, a scapito della sua presenza vera.

- Il bisogno del consultante di dipendere psicologicamente, perché magari non ha fiducia nei propri giudizi, nelle proprie idee, valutazioni ed intuizioni ed intravede nel consulente una persona di prestigio che può consigliarlo in tutto. Questo atteggiamento appaga fortemente il bisogno di riconoscimento intellettuale del consulente che può poi tendere a mantenere una asimmetria intellettiva vera o presunta.

- La coalizione: questo accade molto spesso nelle consultazioni in cui il consulente si coalizza con il consultante contro qualcuno di esterno (parente, marito, datore di lavoro, ecc). Nel far questo, però, si tende a spostare il problema del consultante, deviandolo, anziché portarlo a comprendere il perché del problema e come affrontarlo personalmente.

- La collusione: questa è una dinamica delicata, in cui entrambe le persone collaborano a confermarsi reciprocamente l’immagine di sé che vogliono presentare. È una sorta di tacito accordo inconscio tra i due; il problema del consulente celato da questo comportamento sta nell’essere ancora troppo concentrato a fornire un’immagine di sé, perdendo così di vista l’autenticità del rapporto e dell’altro. Anche in questo lavoro vi possono essere situazioni di “transfert” che possono rappresentare un grosso problema, soprattutto se il consulente non ha fatto alcun lavoro sulla psiche personale.

- Il pregiudizio: il consulente tende a trovarsi in difficoltà se l’altro ha un pregiudizio nei suoi confronti. In questo caso il desiderio del consulente può essere quello di eliminare quegli aspetti del rapporto su cui gravano pregiudizi rendendo così tutto scarsamente vero.

- Un altro errore consiste nel fare temi natali a figli, mariti, discutendoli magari con la madre o con la moglie. Oppure,i casi in cui una madre che dice “le porto mio figlio”, salvo poi scoprire che il figlio ha 30 anni. Ciò rappresenta un bisogno della madre di mantenerlo in una posizione subordinata. In questo caso, il consulente ha l’obbligo di rifiutarsi di vedere il figlio con la madre e di cercare di far capire a quest’ultima che vi sono fasi della vita che escludono il prolungamento del ruolo di madre protettiva o, ancor peggio, di madre manipolante.

Il colloquio necessita poi della capacità di distinguere tra:

- ciò che si percepisce attraverso i sensi e attraverso le sensazioni del proprio corpo

- ciò che si sente , si prova ed esperisce attraverso le emozioni
- ciò che si presume attraverso il processo deduttivo
- ciò che è un dato di fatto evidente per entrambi
- ciò che è evidente solo per il consulente

Questa capacità discriminativa può esistere solo se si conoscono bene i propri confini, e la differenza tra componente soggettiva ed oggettiva della realtà percepita.



Tratto da una relazione di Lidia Fassio



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