I consulti astrologici e il counseling

Prima di iniziare a parlare di “counselling”, vorrei affrontare quello che mi sembra essere un problema assai spinoso per tutti i consulenti astrologici e che riguarda l’incontro unico per interpretare il tema natale e, al massimo, un incontro o due l’anno per eventuali transiti o rivoluzioni solari.

Il primo incontro quasi sempre è un approccio, un modo attraverso cui il soggetto entra in contatto con questo strumento L’astrologo può leggere in modo abbastanza preciso un tema natale, tuttavia, il risultato ottimale si ottiene solo qualora si instauri un vero e proprio scambio in cui il consulente può tradurre per il consultante i simboli e il consultante, a sua volta, può fornire le informazioni che possono far comprendere il livello evolutivo e la risposta personale al vissuto e alle esperienze. Inoltre, è impossibile stabilire una condizione di piena fiducia reciproca e di conoscenza in un unico incontro. Questa professione mi sembra cambiata molto negli ultimi dieci anni e quindi noi rappresentiamo vere figure professionali in grado di porgere un aiuto ed un sostegno a chi ci interpella. Ritengo anche che questo potrebbe portarci definitivamente fuori da quell’aura di magia in cui spesso veniamo visti, come se fossimo capaci di pre-vedere i loro avvenimenti, mentre possiamo essere molto più utili se riusciamo a far comprendere qualcosa della loro vita.

Ho spesso notato come gli astrologi mostrino molta resistenza quando si trovano a contatto con la parola “counselling”. Questo approccio spesso è oggetto di confusione poiché la maggior parte dei consulenti ritiene che una preparazione adeguata per affrontare il colloquio con un cliente, sia importante esclusivamente se si opera in campo psicologico o psicanalitico.

Vi sono persone convinte che il counselling sia un’insieme di tecniche estremamente raffinate, basate su teorie complesse che servono a risolvere empasse tipo i “silenzi, gli stati d’ansia e le crisi emotive”. Il fatto è che qualunque “consulente”, a prescindere dal settore in cui lavora, deve avere capacità di utilizzare in maniera ottimale un colloquio ed una relazione per poter offrire al consultante il massimo della sua prestazione. Nel caso specifico, occorre saper condurre una relazione per poter arrivare al cuore della persona accompagnandola pian piano a comprendere cose di sé che può non conoscere o non voler ancora conoscere.

Noi astrologi possediamo uno strumento potentissimo che può darci informazioni a volte sbalorditive, e il più delle volte ad un’occhiata magari frettolosa e fugace, e di questo ognuno di noi dovrebbe essere consapevole, evitando di buttare qua e là banalità che possono ferire in profondità ed arrecare più danno che aiuto.

Alcune premesse di base:
- Il primo requisito per chiunque faccia questo lavoro concerne l’accettazione della responsabilità personale e quella di dover portare il consultante a prendere coscienza della propria, in qualunque situazione si trovi in quel momento. Per arrivare a ciò, occorre eliminare il concetto di determinismo, proprio perché lavorerebbe contro qualsiasi tipo di salute o di ripristino di salute. Il determinismo vale esclusivamente per la sfera dell’inconscio, ovvero per quelle parti di noi e della nostra vita di cui non siamo consapevoli e sulle quali il consulente, anche quello astrologico, può contribuire a far luce.

- Chiunque tenti di scaricare le colpe sui genitori, sulla società, sulla famiglia e su quant’altro di esterno, dovrà essere sentito, ascoltato, il suo dolore dovrà essere accolto e condiviso, ma poi bisognerà accompagnare la persona a pensare a soluzioni per sé piuttosto che a continuare a dare spazio ed energia alle strutture del passato. Un consulente determinista appoggerà certe caratteristiche del proprio cliente. Questo atteggiamento è negativo poiché preclude la possibilità far trovare una strada di trasformazione.

- Molti sostengono il determinismo per potersi in qualche modo cullare nei fallimenti che in una vita inevitabilmente si incontrano: se io ho fallito su cento cose diventerà molto più facile credere che esista un destino che ha stabilito tutto da fuori piuttosto che affrontare la profonda revisione della propria nevrosi, che causerebbe sensi di colpa e assunzione di responsabilità e, in ultimo, imporrebbe cambiamenti di rotta nei propri comportamenti. Essere colpiti da nevrosi significa non avere libertà e quindi essere schiavi di qualcosa, di schemi rigidi al punto tale da essere diventati automatici.

Il secondo importante punto consiste nell’aiutare il consultante a pensare che la libertà è l’unica condizione per la personalità, ed è anche ciò che più ci distingue dagli animali, proprio perché siamo esseri capaci di rompere con gli automatismi di cui loro sono invece prigionieri.

Per poter fare il consulente bisognerebbe prima di tutto credere alla libertà individuale e, conseguentemente, al libero arbitrio. Con questo, non intendo dire che non vi siano fattori esterni che possano influire sulla personalità, ma che, in ultima analisi, abbiamo sempre la possibilità di trovare una strada personale proprio perché siamo dotati di un SÉ che può plasmare gli elementi ambientali ed ereditari fondendoli in un modello pressoché unico.

Vorrei sottolineare che i lavori di consulenza, come tutti i lavori del mondo, non possono essere fatti senza l’uso del BUON SENSO, merce rara e quasi introvabile. Il 98% delle persone non soffre di gravi patologie, ma solo di incapacità di conoscersi e quindi sopporta insoddisfazioni che giungono dal non rispetto della propria essenza.

-Un grosso problema è quello dell’individualità: infatti la gran parte delle persone ha una grave difficoltà di accettazione di sé; non si sopporta e vorrebbe essere diversa. Una cosa però è certa: non si può essere qualcosa di diverso da ciò che si è. Ogni sé è unico, e buona parte della salute di una persona dipende dall’accettazione di questa sua unicità.

Questo concetto è di importanza fondamentale e deve essere assolutamente acquisito dal consulente. Il tratto più comune nei consulenti è quello di considerare la persona che si ha di fronte come se possedesse gli stessi meccanismi mentali, gli stessi standard morali, e quindi usare la proiezione, violando totalmente l’autonomia e l’individualità del cliente.

Non servirà neppure dire al cliente di essere sé stesso se probabilmente non ci riesce o se, peggio ancora, non sa neppure chi è. Qualunque buon lavoro di consulenza dovrà quindi tendere a portare il cliente a trovare sé stesso, cosa abbastanza facile da individuare attraverso un tema natale. Del resto, se una persona va in cerca di aiuto, significa che in quel momento è anche particolarmente ricettiva. Nel momento in cui si pone delle domande sarà anche attenta alle risposte. Dal tema natale potete vedere immediatamente quali potenziali ha e cercare di stimolarla a scoprirli. Inoltre, avete anche modo di vedere con estrema chiarezza e immediatezza quali pezzi di questa personalità sono attivi e quali sono invece muti.

Un altro pericolo sempre in agguato consiste nel fatto che ogni consultante considera il consulente come una specie di salvatore, o comunque attribuisce ad esso un certo tipo di potere. Questo è pericoloso, se non viene compreso, poiché porterà il consulente a creare stati di dipendenza che saranno necessari a farlo sentire potente o in grado di salvare.

Tratto da una relazione di Lidia Fassio


Per informazioni su consulenze astrologiche scrivere a astri.disastri@gmail.com

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